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L'industria tessile italiana: dalla seta al fast fashion, Study notes of Cultural Studies

L'evoluzione dell'industria tessile italiana, dalla produzione di seta tradizionale al boom del nylon e all'ascesa del fast fashion. Esplora i cambiamenti nella filiera produttiva, i distretti industriali, l'impatto dell'innovazione tecnologica e le sfide della sostenibilità.

Typology: Study notes

2023/2024

Available from 01/15/2025

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LEZIONE 1 - MERCOLEDÌ 15 FEBBRAIO

LE FIBRE TESSILI

FIBRE NATURALI: animali, vegetali, minerali

ANIMALI, particolarmente proteiche, a squame 1 SETA 2 LANA : dalla tosatura delle pecore, è una delle fibre usate molto anticamente, esistono residui di lana che risalgono a 20mila anni fa; da un punto di vista naturale il vello caldo della pecora veniva utilizzato come pelliccia. Esistono tantissime qualità di lana, dipende dalla razza e dal tipo di pecora, la lana più pregiata è quella più lunga possibile e più bianca possibile; in natura la lana delle pecore tende al beige/marrone e quindi sono state selezionate delle specifiche pecore per rendere il vello sempre più bianco. Gli allevatori hanno sviluppato delle razze che tendono di più al bianco e hanno sviluppato delle razze che producono tantissima lana. La lana tiene caldo perché conduce molto poco il calore del corpo, inoltre la lana vera si produce difficilmente perché le proteine impediscono la combustione. Oggi viene usata prevalentemente la lana merino (merinos) che è una razza che può essere tosata più volte all’anno, grazie ad una selezione per ottenere la massima quantità di lana dalla pecora. L’importanza della presenza della pecora nell'economia antica è rintracciabile nel fatto che il primo segno zodiacale sia l’ariete, il maschio della

pecora. Un gregge di pecore era nell’antichità una certa fonte di sostentamento ed era un simbolo estremamente importante e positivo. La lana non deriva solamente dalle pecore, alcune lane vengono dal coniglio (angora) e il cachemire viene tosato dalla capra (pregiato perché la capra può essere tosata meno di rado rispetto alla pecora e produce meno vello di lana). In Europa Scozia e Inghilterra sono i maggiori produttori di lana pregiata perché il tipo di clima favorisce l’allevamento di pecore con vello importante. 3 PELI FINI : vello di altri animali, capra (cachemire, mohair), coniglio, lama, cammello (molto rigido, usato insieme alla lana per impedire lo sfaldamento del capo, venivano quindi inseriti peli di cammello nei cappotti e nelle giacche per ottenere rigidità e durabilità del capon), alpaca.

L’utilizzo di animali per la produzione tessile è un consumo combinato: gli animali non venivano uccisi esclusivamente per la loro pelle in maniera massificata.

VEGETALI, fibra lunga e liscia, cellulosiche 1 LINO : uno dei tessuti più diffusi dell’antichità, derivato dalla pianta del Linum; la civiltà egiziana è quella che ha maggiormente fatto uso del lino. Il lino ha il problema della tintura, la fibra tende a restare bianco e non assorbe il colore (compensazione con trucco e gioielli molto colorati e sofisticati). La pianta del lino cresce anche in Italia ed è abbastanza presente come produzione locale. 2 COTONE: fibra in assoluto più diffusa al mondo ed è anche la più importante. Inizialmente veniva raccolto a mano questa specie di fiore che sembra un batuffolo di bambagia (intreccio con la storia della schiavitu). Il suo successo è dovuto alla resistenza del filo di cotone, elemento fondamentale nel passato, inoltre il cotone non si rovina con l’acqua perché è la fibra che funziona meglio al lavaggio. Il cotone è anche una fibra che assorbe molto bene il colore. Il cotone, essendo una fibra robusta, resiste bene alla lavorazione a macchina e questo spiega anche la sua diffusione e la sua possibilità di essere lavorato in quantità industriali. 3 ALTRE FIBRE : cocco, canapa, muta, ramiè, sisal, juta, kapok > il sisal viene prodotto dalla foglia di agave. Fibre di nicchia ma con caratteristiche molto interessanti e particolari.

L’Italia ha una piccola produzione interna di alcune fibre mentre di altre non ha produzione quindi deve necessariamente ricorrere all’importazione, questo ha delle ricadute sul Made in Italy. Essendo un Paese povero di materie prime l’Italia si è specializzata nella lavorazione di materie prime importate, facendo preferire al consumatore il prodotto finale lavorato in Italia piuttosto che altrove grazie al suo valore aggiunto (lavoro, creatività, saper fare artigianale…) e non con la materia prima.

Le fibre non vengono utilizzate solo in ambito moda ma anche nel settore dell’arredamento (casa, divani, interni delle macchine, treni, navi) e del design. L’industria tessile italiana non guarda solo al vestito ma ha uno sguardo più ampio.

Con l’attenzione crescente alla sostenibilità si è verificato un revival delle fibre vegetali naturali, anche in modo molto particolare, con il recupero di tradizioni di produzione molto antiche che non si sono perse completamente ma che non erano interessanti dal punto di vista commerciale.

MINERALI: fibra di vetro, fibra di carbonio, amianto ; il vetro viene liquefatto e unito a sostanze di resina flessibili in modo tale da renderlo malleabile, ha l’aspetto di fibra robusta utilizzata soprattutto a livello industriale e di arredamento. L’amianto è molto friabile, ha caratteristiche ignifughe; la fibra di amianto è robusta ma flessibile e totalmente infiammabile. Il problema dell’amianto è il suo essere altamente cancerogeno.

LEZIONE 2 - GIOVEDÌ 16 FEBBRAIO

LA SETA : fa parte delle fibre proteiche animali ma ha una particolarità: la sua ampia produzione in Italia, è stata una delle fortune dell’industria tessile italiana. Ancora oggi la seta rappresenta l’industria italiana tessile, è una delle industrie di eccellenza. La seta ha una lunga storia, la sua origine risiede in Cina intorno a 3mila anni fa. Filo molto resistente, flessibile, lungo e lucente. Il filo di seta è uno dei fili continui è più lunghi che abbiamo in natura. La maggior parte delle fibre animali sono opache mentre il filo di seta è dotato di lucentezza che è sinonimo fin dall’antichità di pregio. La lucentezza veniva affiancata all’idea di lusso e di pregio, adatto ai vestiti di lusso. La seta è leggera, morbida, molto traspirante e lucente. Il fatto di essere un tessuto di lusso diventa estremamente importante per la bilancia commerciale per la Cina, diventa uno dei prodotti più importanti esportato verso l’Occidente e non solo (Via della Seta, la seta è il simbolo del commercio tra est e ovest). Per questo motivo la produzione di bachi da seta diventa monopolio dello Stato (segreto di Stato anche per quanto riguarda la modalità di produzione) e per coltivarli serve un'autorizzazione statale. Per molti secoli gli altri Paesi pensarono che la seta fosse prodotta da una pianta segreta presente in Cina e per molto tempo cercarono di visitare la Cina alla ricerca delle piantagioni di seta. Secoli dopo un gruppo di italiani riesce a scoprire, secondo la leggenda, che la pianta della seta non esisteva ma il tessuto veniva prodotto dai bachi; per esportare il baco da seta nascondono i bozzoli all’interno dei bastoni utilizzati per camminare, superano i controlli di frontiera e riescono ad esportarli in Occidente. Il clima ideale per il baco da seta è il clima temperato, né esageratamente freddo né caldo, e un clima dove cresce bene il gelso di cui si nutrono i bachi. L’Italia diventa all’avanguardia nella produzione di abiti di lusso in seta. Una delle specialità del Ducato di Milano era la tessitura aureo-serica: filo di seta e filo di oro uniti.

LE PROPRIETÀ DELLA SETA:

  • minimo spessore : leggerezza e comodità
  • tenacità : un filo di seta è più resistente di un filo di acciaio
  • lucentezza : la seta è dotata di raffinata lucentezza
  • igroscopicità : è traspirante (mantiene la pelle asciutta e fresca)
  • scarsa elettricità statica

costo molto elevato, appannaggio delle classi abbienti e della nobiltà

IL CICLO DEL BACO DA SETA:

Molto importante è avere delle uova (baco-seme) molto selezionate, col tempo verranno create delle stazioni agricole in cui veniva selezionato e venduto il baco-seme > cernita, distribuzione e vendita di bachi selezionati di alta qualità. Il baco-seme viene disposto e nasce un baco piccolo che ha diverse mutazioni a seconda dell’età, diventa sempre più grande mangiando le foglie del gelso. Fa diverse mute, alla quarta muta diventa adulto e nella sua quinta età si trasforma in una vera e propria farfalla. A questo punto inizia ad emettere un filo continuo

Una grande azienda italiana che coglie i vantaggi della gomma è la Pirelli, leader nella produzione di pneumatici ma si specializza anche nella produzione di abbigliamento sportivo (scarpa di cuoio con le suole in gomma, impermeabili, giacche impermeabili) > l’abbigliamento sportivo Pirelli viene considerato troppo “sportivo”, di cattivo gusto per essere utilizzato in città, viene accettato per l’uso in montagna e quindi diventa vero abbigliamento sportivo in senso moderno. Per poter spiegare a cosa servono i nuovi prodotti la Pirelli sarà anche una delle prime grandi marche ad investire nella pubblicità.

FIBRE SINTETICHE

Le fibre artificiali potevano essere create in grandi quantità ma erano comunque legate dalla presenza della materia prima. Si va alla ricerca di una fibra che fosse completamente svincolata dalla materia prima. Negli USA Wallace Carothers , professore di chimica all’Università di Harvard, viene avvicinato da una delle più grandi industrie chimiche degli Stati Uniti, la DuPont , con l’obiettivo di creare le prime fibre di sintesi. Nel 1928 la DuPont propose a Wallace di essere assunto nella sua azienda senza nessuna limitazione economica per creare una fibra tessile completamente nuova da laboratorio. L’idea di Wallace è quella di sintetizzare delle molecole a partire dal petrolio per creare la fibra sintetica e sembra avvicinarsi alla direzione giusta finché nel 1935 arriva a presentare una fibra veramente nuova, un risultato rivoluzionario: il NYLON. Il processo di produzione non è molto diverso dal rayon, si scinde la base di petrolio in polimeri e si ottiene una pasta vischiosa che passando in un imbuto crea un filamento sottilissimo che, raffreddato all’aria, crea un filo trasparente sottilissimo. Il nylon rappresenta una rivoluzione perché può essere creato da una materia prima che ha un costo molto basso (dovuto solo all’estrazione) e con caratteristiche migliori del rayon: molto più resistente, con una resistenza di trazione formidabile, con una grande lucentezza, con la possibilità di essere tinto o lasciato trasparente, con una grande velocità nell’asciugarsi, con una flessibilità estrema che permette di evitare la creazione di pieghe > l’idea di indossare capi in cui era presente una percentuale di nylon rendeva quindi l’abito molto più portabile.

Il nylon ha grande successo, all’inizio viene usato soprattutto per le calze da donna (uno degli strumenti di lancio della fibra), producendo fili di nylon molto più sottili; a poco a poco dalla biancheria intima riesce a conquistare anche altri settori. La vera produzione di nylon avverrà solamente nel secondo dopoguerra a causa dell’interruzione dovuta alla guerra, mentre il rayon continua ad essere la fibra privilegiata durante le Guerre.

LEZIONE 5 - MERCOLEDÌ 8 MARZO C’è stata un’evoluzione recente del rapporto del consumo di fibre dovuta anche al fast fashion: rispetto agli anni ‘90 dove il cotone e le fibre sintetiche erano quasi alla pari, dal 2005 la percentuale delle fibre sintetiche è aumentata a discapito del cotone. Nel 2015, tre quarti della produzione mondiale di tessile si orienta verso il sintetico. Il problema dello scarto tessile è venuto fuori solo recentemente: nel passato non si buttava niente perché, ad esempio, dalle lenzuola rovinate si ricavava biancheria intima oppure da capi consumati si creavano degli stracci per pulire casa.

Le principali fibre sintetiche che oggi vengono usate sono:

  • Poliammide (nylon)
  • Poliestere : sviluppata in un secondo momento rispetto al nylon ma presenta le sue stesse caratteristiche come l’impermeabilità; a differenza del nylon è molto più leggera e morbida
  • Acrilico : deriva da una resina e a differenza degli altri è molto morbido (per questo usato per la maglieria)
  • Elastomeri : fibre pensate per avere un effetto di elasticità e vengono utilizzate nei capi sportivi e nella biancheria
  • Microfibra : non è una fibra nuova ma la novità sta nel processo di produzione

Le fibre sintetiche si sono sviluppate in maniera specializzata: ognuna ha la propria caratteristica che porta la fibra stessa ad essere utilizzata in un particolare settore. Principio del CAPITAL INTENSIVE > se ho delle attrezzature che producono grandi quantità di queste fibre, necessito di avere grandi industrie chimiche con ingenti capitali.

Filatura e tessitura Trasformare la fibra in tessuto rappresenta il passo successivo da compiere. Si parte dall’idea di utilizzare la fibra grezza animale, calda e morbida, che però era un mucchio informe. Per ottenere un filo uniforme da quel mucchio informe bisognava procedere con la filatura:

  • Cardatura = su un asse di legno si metteva il mucchio di lana e con un pettine si tirava la massa fino a quando non uscivano dei fili composti. La cardatura era quel processo che si compiva quando si voleva ottenere un mucchio più grezzo, al contrario si procedeva con la pettinatura
  • I fili che si otterranno dalla fase della cardatura saranno corti e quindi si passa alla fase successiva della filatura. La filatura veniva fatta a mano ed era un lavoro tipico delle donne. Vengono presi due o tre fili insieme, li gira su se stessi e in contemporanea li tira. Il filo viene fatto girare perché così rimane più resistente. Ci vuole abilità per ottenere, da un filo corto, un filo continuo che altro non è che l’unione di più fili. Questa operazione viene ottenuta grazie alla torsione ma soprattutto grazie alla tensione del filo.

Col tempo si sviluppano dei sistemi più elaborati con attrezzi che tengono il filo in tensione > esistevano delle macchine che aiutavano la donna nella fase di filatura. Questi attrezzi erano gli arcolai. Le cose cambiano improvvisamente nel 1769 (rivoluzione industriale inglese) quando Richard Cartwright introduce un macchinario meccanico per la filatura: immagina dei rulli attraverso cui passano i fili grezzi. Ad ogni passaggio il filo risulterà sempre più sottile. L’introduzione del telaio meccanico fu una rivoluzione: per produrre 45kg di filato a mano, una filatrice esperta impiegava 50 000 ore mentre con la macchina 135 ore. Quindi, improvvisamente la produzione di filato esplode. Per la prima volta il filato diventa un prodotto di massa e i costi crollano. Questo processo venne fatto inizialmente sul cotone e solo successivamente si studierà un processo apposito per la lana che doveva essere lavorata ad una velocità minore altrimenti si spezzava. Per questo il filato di lana costa di più. Il passo successivo è quello di avere un vero e proprio tessuto: la fase della tessitura era la più importante dell’intero processo. La tessitura può essere fatta a mano ma se prendo dei pezzi di legno e lego i fili alle due estremità facendo passare il filo una volta sopra e una volta sotto ottengo un risultato migliore. Esistono:

  • Telai a terra
  • Telai in piedi La forma di tessitura più semplice è chiamata armatura a tela = armatura a scacchiera. Il vantaggio è la facilità nell’eseguirla e la robustezza del prodotto finale.

LEZIONE 6 - GIOVEDÌ 9 MARZO

Filatura a mano: da una matassa, attraverso una operazione di torcitura e tensione viene creato un filo continuo avvolto sul rocchetto. Filatura a macchina: il problema dei bozzoli di baco da seta è trovare il punto di inizio lo svolgimento del baco si chiama trattura, dopodiché avviene la torcitura e la tiratura del filo di seta Tessitura a mano: con passaggio della navetta avanti e indietro, facendo un giro completo la battuta del pettine preme il filo

Anche nel caso della tessitura inizia la meccanizzazione, le macchine sostituiscono il telaio a mano e sono più grosse: nel passato le macchine erano grandi massimo un metro e quindi per creare tessuti più lunghi bisogna sempre ricorrere alla cucitura insieme. Con il telaio moderno il tessuto viene prodotto meccanicamente molto più velocemente, inoltre si possono fare tele molto più larghe. Il problema più grosso era il fatto che il filo poteva rompersi e perciò, in caso, andava riannodato a mano.

Iniziano a nascere in Italia le grandi fabbriche tessili. Ci sono tre regioni importanti per la produzione della lana :

  • Piemonte , soprattutto nella zona intorno a Biella poiché era ricca di acqua e iniziano a impiantarmi grandi fabbriche con telaio moderno, unendo tessitura e filatura in modo d'avere un ciclo completo (la parte più importante è la tessitura perché è quella con cui si guadagna di più, i filatori vanno poco sul mercato finale ma piuttosto vendono i propri prodotti a chi li tesse)
  • Veneto , zona in cui si impiantano importanti fabbriche; Lanificio Rossi
  • Toscana , specificatamente intorno a Prato , con la differenza che Piemonte e Veneto lavorano lane pettinate (tessuto di pregio), mentre la città di Prato si specializza nel recupero degli stracci di lana (venduti dallo straccivendolo) > spesso non era di primissima qualità, anche a causa dei solventi usati, e quindi si produceva lana “da tutti i giorni” Queste tre aree passano dalla produzione manuale alla produzione meccanica e aumentano notevolmente i volumi di produzione.

Lanifici importanti: Zegna, Loro Piana, Rivetti, …

Dove si fabbrica il cotone in Italia? Si diffondono fabbriche dappertutto ma la zona di elezione è al nord di Milano (Varese, Gallarate,…) che diventano specializzate nella produzione meccanica di cotone. Il Nord della Lombardia diventa una zona importantissima per la produzione del cotone. Esempio: Cotonificio Cantoni a Legnano. Altra zona d’elezione è Crespi d’Adda, la famiglia Crespi applica la politica del paternalismo cercando di introdurre le prime norme di sicurezza per i lavoratori, i premi e gli aiuti. La famiglia Crespi diventa così importante da diventare proprietaria del Corriere della Sera e quindi influente attraverso gli organi di stampa. Altro nome importante sono i Caprotti. I cotonifici davano molto lavoro.

Il telaio di oggi è un telaio moderno senza navetta, questo consente di lavorare ad elevatissime velocità di battuta.

TESSITURA ORTOGONALE

La composizione della trama del tessuto può essere fatta con vari sistemi ordito: verticale trama: si costruisce sopra all’ordito, orizzontale cimossa: fili che sporgono ai lati, servono ad unire le pezze insieme in maniera quasi impercettibile (esistono gli specialisti di questo lavoro)

intrecci o armature

  • tela : tessuto di base, il più veloce, molto fitto e compatto.
  • saia o ortogonale : due fili di trama sopra e due sotto, poi si sfalsa di una posizione dando effetto diagonale (effetto jeans).
  • raso : gli incroci sono più radi, passa sotto molti fili, sale una volta e poi scende di nuovo, il tessuto è visibilmente molto più liscio; impegnato per lavorazioni di pregio (spesso con la seta); lo svantaggio è che essendoci pochi incroci la stoffa è meno resistente. Giocando con il raso si può creare la lavorazione damascata, creando un contrasto tra liscio - meno liscio e tra lucido - opaco. Il damasco è una specializzazione di Genova e Milano, insieme al velluto (tessitura a raso in cui si usano più fili e poi si taglia il filo dell’ armatura nella parte superficiale, dando il risultato peloso). Con la lavorazione industriale si pensò di rifare a macchina anche questi tipi di lavorazione > ci riesce Jacquard, l’inventore del telaio Jacquard: funziona con un sistema di rulli perforati che compone i disegni, riproducendo il lavoro manuale. Questi tipi di lavorazione sono molto utilizzati per la produzione di tovaglie, per l’arredamento di stile classico e in campo tessile. Il gusto prediletto è per il disegno floreale, per le scene campestri e i riferimenti di cultura classica. Si possono utilizzare due colori diversi di trama e ordito per creare giochi di colore, con sfondo + disegno a rilievo, oppure un tono su tono.

tipologie di tessuti a maglia maglia in trama : un solo filo intrecciato con se stesso maglia in catena : una serie di fili intrecciano tra loro La maglia si distingue dal tessuto perché utilizza solo un filo; non è diffusa ovunque perché è caratterizzata dal fatto di non essere molto compatta ma resta più lassa. L’origine della maglia risale al periodo delle Corporazioni: esistevano corporazioni di professionisti specializzati nella lavorazione della maglia. La maglia era la lavorazione tipica per la produzione di intimo e biancheria , essendo più elastica e facile da lavorare in maniera tubolare, adattandola al corpo. L’idea di biancheria intima era molto differente rispetto alla nostra; la maglia veniva utilizzata soprattutto per la produzione di calze : segue molto bene la forma e la dimensione del piede, rendendo possibile indossare sopra le calzature. Un altro capo che veniva creato a maglia era il berretto , sia da giorno che da notte. Il lavoro a maglia inoltre era molto utile per la produzione di cotte : protezioni in maglia metallica utilizzate al di sotto dell’ armatura (rigida e pesante) che proteggono le giunture e il collo e permettono i movimenti. La cotta di maglia è estremamente resistente ma anche estremamente flessibile, permette di fare movimenti in maniera naturale. La lavorazione a maglia si utilizza anche per creare borsette in maglia metallica, le borsette per i nobili erano create con i metalli preziosi (ad esempio filo d’oro e d’argento). Milano era specializzata nella lavorazione a maglia, nella creazione di armature e nella produzione aureo-serica. La maglia era utilizzata per la produzione di capi interni, portare all’esterno un capo di maglia non era appropriato: la maglia è qualcosa di intimo che resta a contatto con il corpo. Dagli anni Sessanta si sviluppa la moda casual e diventa accettabile portare capi in maglia (ex. cardigan, maglione) anche come capo esterno. La maglia diventa un capo di abbigliamento molto pregevole che può sostituire la camicia o la giacca.

Maglifici a Carpi : uno dei distretti più importanti nella produzione in maglia. Per molto tempo si preferisce una lavorazione domestica, fatta a casa piuttosto che in fabbrica. Calzetteria, Castel Goffredo (MN): distretto specializzato sia nelle calze da uomo che da donna. Le calzetterie saranno le prime ad utilizzare oltre alle fibre naturali (cotone e lana) anche le nuove fibre artificiali e sintetiche: funzionano bene e costano meno. Le calzetterie sono talmente specializzate che hanno brevettato delle macchine per calze che oggi sono esportate a livello mondiale (ex. macchina Lonati).

Quando parliamo di tessile dobbiamo sempre tenere presente l’importanza della tecnologia, in particolare il settore meccano-tessile : una branca dell’industria meccanica che costruisce macchine iper specializzate nel produrre oggetti tessili. L’expertise legata ai distretti è composta da tutto un entourage di servizi che presumono una trasmissione di conoscenza diretta o indiretta della tradizione, quindi la conoscenza su una specifica lavorazione diventa sempre più specializzata.

LEZIONE 7 - MERCOLEDÌ 15 MARZO

L’industria tessile italiana valeva il 6% dell’export mondiale. L’Italia dal punto di vista tessile si afferma come una nazione di innovazione, forte nella trasformazione. Vi sono una serie di luoghi che sono già molto specializzati in alcune lavorazioni.

Nobilitazione/finissaggio tessuti : ultima fase di lavorazione per arrivare al tessuto pronto. Dà al tessuto il suo aspetto finale, l’aspetto estetico del capo è una delle caratteristiche più importanti. Finissaggio : molti tessuti naturali vengono trattati chimicamente per essere migliori dal punto di vista estetico, migliorando la texture, il problema delle pieghe, dandogli lucentezza, migliorando in generale l’aspetto finale del tessuto. L'Italia è uno dei paesi che si specializza nel finissaggio e nell’operazione di nobilitazione e quindi crea un valore aggiunto ad un prodotto già pronto (spesso importato) che riesce a trasformarne il buon tessuto in un tessuto unico. Da tessuto base a tessuto di pregio. La prima operazione importante è la tintura. Nel Medioevo esistevano più Corporazioni di tintori, alcune erano specializzate nella tintura di un solo colore (ex. rosso).

La confezione è stata per lunghissimo tempo un’attività manuale. Gli abiti sono opera di artigiani e sarti professionisti e comunque di piccole industrie; per questo tipo d’industria parliamo di labour - intensive : conta la presenza del lavoratore e della manualità. Per confezionare un abito era necessario procurarsi il tessuto, era consuetudine acquistarlo nei negozi che vendevano tessuti, sia per l’abbigliamento che per la casa. Il tessuto veniva scelto in base al capo di abbigliamento che si voleva confezionare. Con il tempo l'industria inizia ad offrire capi già pronti, soprattutto biancheria intima e articoli per la casa come tovaglie, tovaglioli. L'expertise sui tessuti era molto più alto rispetto ad oggi nella società, era tipico analizzare la qualità dei tessuti e chiederne la provenienza al momento dell’acquisto. Nei negozi di tessuti del passato e nei negozi di abbigliamento si predilige una luce media ma tendente al giallo per dare una tonalità calda ai capi esposti, ottenendo determinati effetti visivi. I consumatori di una volta osservavano il tessuto anche alla luce naturale per assicurarsi del reale colore e della trama. Oggi abbiamo perso questa conoscenza e questo occhio critico. Il pezzo di stoffa acquistato viene portato dal sarto. Per risparmiare al massimo la stoffa esistevano delle misure standard chiave che indicavano e aiutavano a determinare in quanti pezzi tagliare la stoffa; il pezzo unico richiede molto più stoffa perché crea molti più avanzi e quindi si cerca di consumare meno stoffa (costosa) possibile. Il sarto prende le misure, riporta le misure su un cartamodello e successivamente le ricalca con il gesso sulla stoffa che veniva ritagliata secondo questo modello. Il taglio è considerato il passaggio più complesso e quindi il tagliatore era il sarto più esperto e importante. I pezzi di stoffa vengono imbastiti (cuciti in maniera grossolana) e si fanno varie prove sul cliente, in modo da adattare il capo e correggere le imperfezioni. Quando il capo cade bene sul corpo viene cucita in maniera perfetta, alla fine si aggiungono tutte le parti accessorie (fodera, bottoni, asole, tasche). Nella sartoria esiste una gerarchia di ruoli: il tagliatore è esperto, le cuciture sono per lavoranti meno esperti, a seconda del tipo di lavoro esiste un ruolo.

Il costo del lavoro sartoriale era all’incirca il doppio del costo della stoffa, il lavoro manuale pesa molto sul prodotto finale. La sartoria era considerata un luogo molto idoneo per la figura della donna ed era anche un campo in cui c'era molto lavoro. Le lavoranti iniziano a lavorare in giovane età (“Caterinette” da Santa Caterina). Era possibile una forma di confezione meccanizzata ma il cliente era abituato all’abito su misura, anche perché i corpi erano tutti diversi. Un mercato che era già specializzato nella confezione di capi tutti uguali era quello militare dell’esercito, per l’esercito di base veniva creato un capo standard. Alla visita medica del soldato venivano prese le misure e dopo venivano fatte delle statistiche da fornire alle industrie manifatturiere per creare le divise in due/tre taglie diverse, idonee a tutte le fisicità ma ovviamente non precise. L’industria degli abiti militari aveva quindi già grande esperienza rispetto al problema delle taglie; questo è anche il motivo per cui l’industria delle confezione pronta si sviluppa prima per gli uomini e successivamente per le donne.

Stabilimento di confezione: si creano capi su modelli prestabiliti, il sarto aveva un paio di pezzi da fare, sempre gli stessi, e ognuno era specializzato in una mansione o in un pezzo di stoffa come una catena produttiva di montaggio. Ci sono degli aiuti meccanici ma è comunque un’attività manuale anche a livello industriale.

Problema delle taglie: i clienti sono abituati ad avere l’abito su misura; la prima industria che si cimenta nella creazione delle taglie standard è il lanificio Rivetti, che si cimenta nell’industria della confezione insieme all’impresa di camicie di Torino Donato Leni, creando il Gruppo Finanziario Tessile. Alla GFT subentra il gruppo Facis che chiede ad una serie di negozi di tessuti italiani di fare una rilevazione delle taglie degli italiani. Con questo sistema riescono a fare una misurazione su 25mila persone e ottengono un quadro delle misure (maschili, varie fasce di età) che non aveva eguali > mappatura del corpo fisico degli italiani completa.

LEZIONE 9 - MERCOLEDÌ 22 MARZO

Linea Facis = linea lanciata dai negozi; oltre al luogo viene mostrato anche di cosa è fatto l’abito, e in più si aggiungono i prezzi. Si vuole lanciare il messaggio che l’abito pronto non è qualcosa di più basso rispetto all’abito di sartoria ma rappresenta un’alternativa. Si inizia con 120 taglie che sono la combinazione di tutte le misure possibili (altezza, misura del torace, misura della vita). Il rapporto tra il torace e la vita viene chiamato drop àla vita è diversa dal torace e se il torace rimane uguale, la vita può cambiare con il passare degli anni e quindi si dice che cambia il drop. Facis voleva sottolineare il risparmio del tempo Questo lavoro era stato fatto ispirandosi all’industria tessile più avanzata del tempo: l’industria americana. A New York c’erano laboratori di confezione che realizzavano il ready to wear. Esistevano già alcune categorie di persone, tralasciando quelle gestite dalle istituzioni come i militari, che chiedevano abiti pronti. Proprio su questa base nasce uno dei primi capi ready to wear che è il jeans. Quella dei jeans era una stoffa usata nella marineria genovese sia per fare pacchi sia per rafforzare le tele delle navi e le pezze di tela che avanzavano venivano usate per fare i pantaloni. Ciò che si diffonde a Genova verrà poi elaborato anche in altri Paesi come la Francia. Negli Stati Uniti ci sarà un pioniere come Levi’s. Negli Usa si era sviluppata un’industria importante di ready to wear, oltre al jeans. Grazie allo sviluppo dell’industria americana, si cominciano a sviluppare delle nuove macchine e si inizia a pensare a come risolvere il problema delle taglie (il marchio Facis non è che inventa qualcosa di nuovo ma si ispira agli studi americani del ready to wear). In Italia si era molto indietro perché il ready to wear era legato alle istituzioni e mancava il discorso delle taglie. Facis inizia con l’abbigliamento maschile, ma grazie anche al ruolo della pubblicità si inizierà a creare un marchio di ready to wear tipico femminile che prenderà il nome di Cori. Si avranno altre aziende che si butteranno sul ready to wear come Marzotto à capisce che è arrivato il momento di buttarsi sulla confezione pronta e lancia un suo marchio chiamato Fuso D’oro; un altro marchio importante è Max Mara ( di proprietà Maramotti che parte solo con l’industria di confezione); un altro è Luisa Spagnoli. Dal punto di vista numerico, in breve tempo si avrà un grosso salto nell’acquisto di capi confezionati. Nel 1954, l’Italia aveva la percentuale più bassa in Europa di acquisto di capi pronti. Questo significava due cose:

  • Il ready to wear in Italia era indietro
  • Si era ancora legati alla sartoria e vi erano ancora persone abili nel realizzare capi di sartoria Il cambiamento in Italia dalla sartoria al ready to wear avverrà in un periodo ristretto e in ritardo rispetto al resto d’Europa. questo rapido sviluppo avviene soprattutto in Lombardia, intorno a Milano. L’altra regione importante è il Piemonte. Vi sono alcune regioni particolarmente attive sul fronte moda come Lombardia, Piemonte, Veneto, Toscana, Marche.

Riassunto discorso che riguarda la produzione tessile: siamo partiti da dove si produce la materia prima e abbiamo visto soprattutto l’agricoltura e l’allevamento, fibre animali e vegetali. Poi si passa alla filatura per rendere utilizzabile la fibra grezza. Il nostro risultato pronto è il filato di lana, di cotone e serico, che possono essere venduti senza che venga trasformato in tessuto. In parallelo, si è sviluppata anche l’industria chimica che ha prodotto filati artificiali e sintetici. Il vantaggio di queste fibre è l’assenza di una vera e propria fase di filatura. Anche questi possono essere colorati e utilizzati direttamente. In questa prima fase si è passati dalle fibre grezze ad un primo prodotto finito, il filato. Però dal filato si può ottenere altro, di più elaborato, ovvero il tessuto. Si apre così la fase della tessitura. Ci possono essere due tipi di tessitura:

  • A maglia, più tipica del filato di lana
  • Tessitura ortogonale, quella fatta a telaio (tipica del cotone, della lana e delle varie fibre chimiche) Il risultato che si ottiene è un prodotto finito che sono i tessuti di maglia e i tessuti ortogonali. Dopodiché, tutti questi prodotti vanno a finire nella confezione che può essere manuale (fatta da sarti) o meccanica (ready to wear). Anche la parte chimica finisce sia nel discorso abbigliamento sia in quello dell’arredamento.

L’industria meccanotessile si è sviluppata soprattutto in Lombardia e si occupa di costruire le macchine necessarie per la filatura, per la tessitura e per la confezione à questo settore sovrasta tutti i passaggi che vanno dalla filatura al prodotto finito. Questa industria è una dei punti di pregio a livello globale, in quanto sviluppata in tutto il mondo. Tutta questa filiera del tessile è sostenuta anche da una serie di servizi esterni come le fiere, le scuole tecniche, i mass media: luoghi dove produttori ed operatori si incontrano per comprare e scambiarsi le idee (nel caso delle fiere). Infine, si ha un secondo settore che è l’industria della distribuzione Tutte queste fasi illustrano il processo che ci porta dalla fibra grezza al capo pronto La struttura della filiera (dati Istat 2008):

  • L’abbigliamento in tessuto copre il 40%
  • La maglieria copre il 17%
  • Il tessuto laniero copre l’11%
  • Il tessile cotoniero/casa copre il 9% così come il tessile chimico
  • La nobilitazione copre l’8% (processo di tintura, tessitura e stampa dei prodotti), in molti casi i prodotti vengono importati ma non già finiti; vengono importati grezzi e bisogna fare un lavoro di nobilitazione
  • La calzetteria copre il 3% così come il tessile serico Manca la filatura, il valore della filiera si è spostato a valle: mentre prima il valore derivava dalla filatura e dalla tessitura, con l’avvento dell’industria della confezione il valore si è spostato e non è più nelle prime fasi ma nelle fasi finali del processo.

LEZIONE 10 - GIOVEDÌ 23 MARZO

L’aspetto del capo di abbigliamento venduto è un fattore fondamentale nella vendita. L’alta moda ha un impatto nella pubblicità estremamente elevato, i grandi nomi hanno impatti nella nostra vita quotidiana.

Come appare il prodotto italiano agli occhi del mercato internazionale? L’Italia aveva una eccellente produzione di tessuti ma il settore moda italiano era carente dal punto di vista del marketing. La moda era subito associata alla capitale francese, Parigi nonostante l’Italia avesse ottime possibilità di confezionare abiti di pregio anche a prezzo ridotto. Cambia la concezione: non è più la ricca cliente che impone le proprie preferenze ma il sarto diventa il creativo e propone una serie di modelli e collezioni per la cliente tra cui scegliere, attraverso le prove delle indossatrici. Il rapporto si inverte, il sarto decide modelli, colori, tagli anche se il rapporto cliente-sarto è ancora molto stretto. Il sarto è il centro dell’idea creativa e si allontana dai modelli standard e dalle richieste specifiche. La Francia era riuscita a creare tutta una serie di atelier (ex. Chanel) in cui i sarti creavano la propria collezione attraverso questa nuova formula di vendita. In Italia manca l’immagine di moda moderna che era presente a Parigi, ci sono tutti gli elementi per fare la moda ma non è considerato un luogo ”alla moda”. L’Italia è un paese che si è unificato tardi e quindi ogni piccola capitale si è sviluppata in modo autonomo, Roma quindi non incarna una capitale della moda al pari di Parigi, Londra, … quindi l’idea di fare capo ad un’unica città dal punto di vista tessile non era realizzabile. Non era presente in Italia un unico luogo di riferimento.

Il momento di svolta è il 1951 a Firenze si svolge la prima sfilata su iniziativa del nobile Giovanni Battista Giorgini. Giorgini era in contatto con i grandi magazzini americani in qualità di buyer di artigianato fiorentino: inviava dei campioni e delle grandi partite ai rappresentanti dei grandi magazzini americani che ogni tanto gli facevano anche visita a Firenze. Giorgini capisce che la moda italiana va spettacolarizzata , che il potenziale italiano ha bisogno di far parlare di sé: organizza la prima sfilata italiana nella Sala Bianca di Palazzo Pitti, invita cinque case di alta sartoria di Roma (Sorelle Fontana), quattro di Milano e alcuni produttori di moda per vacanze, di moda boutique per turisti e vacanzieri. L’Italia è sempre stato un paese molto visitato, anche grazie alla pratica

del Grand Tour: Firenze diventa il luogo perfetto per la moda italiana perché si lega all'apprezzamento e alla presenza dell’arte rinascimentale. Ad assistere alla sfilata sono gli importanti buyers americani e i giornalisti delle principali riviste di moda, prima di tutte americane e poi anche italiane ed europee; Giorgini dimostra ai buyers che, a parità di bellezza e qualità, la moda italiana costa meno di quella francese. Indicativamente gli abiti costavano tra i 25 e i 40 dollari.

I buyers hanno un’ottima impressione. I vestiti della moda boutique, pensata per il giorno, riescono ad unire il vestito portabile per il giorno con il vestito importante della sera, i loro prezzi si aggirano intorno ai 9- dollari (in cotone, fatto a mano). Improvvisamente scoppia a livello internazionale il caso moda italiana: fa dei prodotti di qualità, i suoi punti di forza sono i tessuti, la qualità della confezione manuale e il prezzo molto concorrenziale per questa fascia alta di capi. Giorgini organizza in maniera regolare le sfilate e si crea una struttura simile a quella della Camera della Moda Francese. Firenze si auto propone come capitale italiana della moda ma le altre città non accolgono questa idea in maniera favorevole. Firenze: alta moda, moda boutique, accessori.

Anche Roma si propone come capitale della moda italiana, molti abili e rinomati sarti iniziano a proporre abiti di alta moda molto pregiati e importanti. Roma, essendo la capitale, riunisce una serie di figure importanti e la nobiltà romana stimola la moda italiana. Il punto di forza sarà il fatto che Roma vive un momento di splendore e gloria per le produzioni cinematografiche, molte produzioni hollywoodiane vengono girate a Roma (Cinecittà) e diventa di moda per le attrici americane indossare la moda italiana. Indirettamente Roma ottiene una grossa pubblicità attraverso lo star system hollywoodiano. Le sartorie romane hanno pubblicità grazie alla “Hollywood sul Tevere”, anche perché gli abiti vengono usati anche nei film. Roma: alta moda come immagine speculare di Parigi per vestire persone importanti. La moda italiana comincia ad avere maggiore e crescente visibilità a livello internazionale ma la situazione resta statica. Il tentativo di fare effettiva concorrenza a Parigi è destinato a fallire, l’alta moda resta legata a Parigi. Verso la fine degli anni Sessanta subentrano nella moda italiana di Firenze dei sarti più giovani, tra cui Walter Albini.

WALTER ALBINI - primo stilista italiano Di area milanese, sfila a Firenze, diventa rinomato per aver presentato otto spose vestite in lungo di colore rosa e otto vedove vestite con abiti corti neri: il rosa era un colore da giorno ma proposto per l’abito lungo da sera, il nero era un color da sera ma proposto per l’abito da giorno corto. Albini ha subito grande successo grazie alle sue collezioni fuori dagli schemi e riceve così tanti ordini che non è in grado di evadere. Inizia a considerare insufficiente il sistema italiano dei piccoli lotti prodotti a mano e capisce che il mercato sta cambiando. La proposta della moda alta risulta quindi inadeguata ai tempi, il mercato è pronto ad acquistare l’abito pronto.

Il motivo del successo della moda pronta italiana è dovuto al sistema di produzione industriale e alle possibilità offerte dai distretti industriali. In altri Paesi non è presente questo tipo di sistema moda. L’Italia è l’unico Paese industriale che però mantiene questa struttura tradizionale e familiare. I Distretti sono stati la fortuna dell’Italia dal punto di vista tessile ma anche per il design e l’arredamento. Il design italiano ha la possibilità di investire grazie ai distretti e alla circolazione del sapere di determinate zone. Si crea un circolo virtuoso di lavoratori esperti che aprono le proprie imprese e arricchiscono il panorama.

Soprattutto dagli anni Novanta si avvia la tendenza a deindustrializzare ( outsourcing ) la catena produttiva, per molti è stato più comodo esportare la produzione di base all’estero, mentre realizzare la confezione e la nobilitazione in Italia. I Distretti hanno sofferto a causa di questa pratica di outsource. La reazione dei Distretti tessili è stata in alcuni caso (Giappone) la distruzione dei distretti tessili. In Italia c’è stata una forte contrazione ma i distretti si sono stabilizzati e sono riusciti a resistere: come? Spostando la propria produzione verso l’alto, vengono chiuse le ditte di produzione povere (raccolta e rigenerazione degli stracci) e ci si dedica alle produzioni ad alto valore aggiunto. La via di salvezza dei distretti italiani è stata l’operazione di spostamento verso l’alto, verso la qualità in modo tale da non avere più concorrenza sul prezzo. Vendono il prodotto ad un mercato ristretto ma a prezzo elevato, con un’offerta di maggiore qualità. I distretti oggi lavorano quindi solo con gli stilisti e con le aziende di grande qualità.

LEZIONE 12 - GIOVEDÌ 30 MARZO visita alla Fabbrica del Vapore, mostra di Andy Warhol.

“Lavorare per molti soldi può rovinare il concetto che hai di te stesso. Quando disegnavo scarpe per le riviste prendevo una certa somma per ogni scarpa, così contavo le scarpe per calcolare quanto avrei guadagnato. Il mio tenore di vita dipendeva dal numero di scarpe che disegnavo – contandole sapevo di quanto denaro potevo disporre.” Così nel suo libro The Philosophy of Andy Warhol: From A to B and Back Again l’artista ricorda le sue prime esperienze di successo nel mondo della grafica pubblicitaria, in cui, con coraggio e originalità, si fece strada divenendo già molto giovane un artista commerciale di successo. Sarà proprio il mondo della pubblicità ad illuminare Warhol, rendendolo consapevole della rivoluzione che avrebbe potuto innestare proprio attraverso quell’affascinante mezzo di comunicazione, sempre più presente nella vita quotidiana delle persone.

“Non c’è niente in arte che tutti non siano in grado di capire.” Dalla Rivoluzione francese, momento storico in cui per la prima volta il terzo stato ha iniziato ad affermarsi non soltanto sulla scena politica, ma anche su quella sociale e culturale, la borghesia ha progressivamente avuto l’opportunità di vedere quelli che erano i propri ideali rappresentati nell’arte, sempre meno influenzata dal gusto aristocratico che l’aveva caratterizzata per secoli. Questa fenomenologia culturale, che affonda le sue radici nella Rivoluzione del 1789, ha raggiunto l’apice della sua massima espressione con un’altra rivoluzione: quella della Pop Art, movimento artistico nato in America nei primi anni sessanta.

Il termine Pop, che deriva dall’inglese popular, lascia bene intendere che si tratta di un’arte accessibile a tutti non tanto dal punto di vista economico (le opere di Andy Warhol possono spaziare dalle migliaia di euro sino ad arrivare ai 195 milioni di dollari della Shot Sage Blue Marilyn, il dipinto d’arte moderna più caro della storia), quanto da quello concettuale. Coerentemente alla lezione di Pasolini, il “potere consumistico”, divenuto l’unico capace di imporre la propria volontà nella società post-bellica, è stato affiancato da una concezione edonistica della vita, per la quale, e questo è evidente nell’opera di Warhol, il piacere può essere provocato da oggetti divenuti indispensabili per il consumatore e addirittura “di culto” per la forza del messaggio che hanno saputo evocare in un determinato contesto storico, nonostante la loro apparente ed innocua semplicità. Ecco che la lattina di zuppa Campbell’s Soup si eleva da semplice prodotto di massa a potente simbolo di rappresentanza del popolo americano nella sua interezza, e l’immagine di Marilyn Monroe diviene una vera e propria icona popolare da adorare, al pari di un simbolo religioso. La rivoluzione warholiana non si è però limitata solo ad innovare ciò che veniva rappresentato sulla tela, ma è arrivata a modernizzare completamente persino il modo stesso di fare arte, ossia la tecnica con cui venivano realizzate le opere.La ripetizione e la rielaborazione delle immagini di beni di consumo industriale e di icone ha infatti comportato l’adozione di tecniche di serializzazione, che resero così Warhol più simile ad una macchina piuttosto che ad un artista. È stato proprio il processo di democraticizzazione messo in atto dall’artista, che rappresentò su tela i principali simboli consumistici della società, ad averlo reso uno degli artisti più rappresentativi del secondo Novecento: aderendo alla cultura di massa e facendola entrare nel mondo concettuale dell’arte figurativa, egli ha saputo elogiare, come nessuno aveva mai fatto, gli Stati Uniti d’America, patria d’eccellenza del consumismo, e tutto ciò che hanno simboleggiato dall’immediato dopoguerra sino agli anni Ottanta.

I ritratti delle prime star guadagnarono talmente fama e notorietà che negli anni settanta, come testimonia l’artista stesso nei suoi diari, Warhol incominciò a ricevere molti incarichi per ritratti di celebrità e di privati che desideravano sentirsi tali, e ciò andò a rappresentare la sua principale fonte di reddito (il primo ritratto commissionato costava 25.000 $, e i successivi 15.000 $ ciascuno). L’artista riportò così in auge un genere che era divenuto completamente fuori moda per via della dominanza sulla scena artistica degli espressionisti astratti, i quali prediligevano una estetica anti-figurativa tipica delle scuole di astrazione europee come il Futurismo o il Cubismo sintetico. Inoltre, Fred Hughes, nuovo manager di Andy a partire dalla fine degli anni sessanta, diverrà insieme a Bob Colacello il promotore di una rivoluzione interna alla Factory, favorendo di fatto il processo di istituzionalizzazione artistica di Warhol. Colacello, durante una recente conferenza, rese una testimonianza assai interessante: egli un giorno domandò al padrone della Factory come mai realizzasse tutti i ritratti commissionatigli rigorosamente in formato 100 x 100 cm, senza mai scendere a compromessi. Costui replicò che un giorno avrebbe voluto esporre tutti i quadri insieme al Metropolitan Museum di New York, presentandoli in un unico gigantesco pannello che avrebbe denominato Portrait of the Society.

Le sperimentazioni artistico-imprenditoriali andarono poi a toccare molti altri settori, in primis quello della musica. Durante gli anni della Silver Factory, Andy divenne il manager e il produttore della banda rock The Velvet Underground. Il grande genio anticipatore arrivò negli anni ottanta a trasformarsi in un vero e proprio marchio di fabbrica e in una desideratissima pop-star: i suoi fans facevano lunghe file per farsi firmare dal loro idolo lattine di zuppa Campbell’s, fotografie, poster, riviste, banconote... qualsiasi genere di cosa, una volta firmata dal re della Pop Art, finiva per diventare arte. Si era avverato così uno dei suoi tanti desideri: da artista commerciale, Andy Warhol era divenuto il primo vero grande business artist.

Ancora prima di artisti come Jeff Koons o Damien Hirst, Andy Warhol si rivelò un luminare nel comprendere per primo la possibilità di trasformarsi in una vera e propria star; per questo motivo, la sua immagine pubblica era studiata nei minimi dettagli, e quello che contava era essenzialmente la sua identità visiva distintiva. Da questo aspetto è facile desumere il forte legame che l’artista instaura dai suoi esordi con il mondo della moda : da giovane, negli anni cinquanta, ha creato illustrazioni per “Vogue” e “Harper’s Bazaar”.

In seguito, ha stretto amicizia e ritratto i più famosi designer tra cui Diane von Furstenberg, Giorgio Armani, Gianni Versace, Valentino, Yves Saint Laurent e Halston. Per quest’ultimo, con cui strinse un rapporto di sincera amicizia, realizzò anche un’importante campagna artistico-pubblicitaria e varie locandine offset su carta, oggi considerate come un perfetto esempio di connubio tra arte e moda.

Il poster svolge principalmente la funzione di comunicare mediante la forza di una immagine, e fu per questo motivo che Andy Warhol si appropriò facilmente di questo mezzo commerciale, elevandolo a supporto artistico di prim’ordine. Brillante erede di Henri de Toulouse-Latrec, maestro di quest’arte e inventore dell’estetica dei poster moderni, l’artista americano offrì a questo mondo un enorme contributo mediante il suo utilizzo della serializzazione, della ripetizione incessante di immagini e della grande capacità di utilizzo del colore. Un esempio lampante di questo innovativo modus operandi adottato dell’artista è rappresentato dal Souper Dress : l’azienda Campbell’s Soup, ormai consacrata come icona dall’arte di Andy Warhol, realizzerà in collaborazione con l’artista un rarissimo vestito con le serigrafie delle celebri lattine di zuppa. Ecco che la Pop Art ha dunque stravolto non soltanto l’iconografia artistica del dopoguerra, ma anche e soprattutto il modo di fare arte, ponendo un'attenzione particolare in questo caso a nuovi supporti mai utilizzati sino ad allora. Altri esempi sono i Self-Portraits realizzati nel 1986 su cotone: qui il volto di Warhol, più simile a quello di una sorta di dio impassibile piuttosto che a quello di un artista, è serigrafato su una vera e propria t-shirt. L’artista non è più un intellettuale emarginato dalla società, bensì un vero e proprio brand riprodotto sull’indumento più popolare di quel periodo: una maglietta.

Su iniziativa del gallerista svizzero Bruno Bischofberger, Warhol iniziò a realizzare nel 1984 anche delle vere e proprie collaborazioni con altri artisti, come Jean-Michel Basquiat e Francesco Clemente. Non mancò la sua rivisitazione in chiave pop dei nuovi oggetti cult, come per esempio le pellicce di visone Blackglama indossate da Judy Garland o il profumo Chanel n° 5. Significativi sono infine gli omaggi ai grandi artisti dell’arte moderna e del passato, come Giorgio de Chirico, Edvard Munch, Sandro Botticelli e Leonardo da Vinci. A quest’ultimo Andy Warhol dedicherà la sua ultima mostra prima di morire, inaugurata nel gennaio 1987 presso il Palazzo delle Stelline di Milano, a pochi passi dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie dove tutt’oggi è conservato il Cenacolo vinciano, noto per essere la rappresentazione più celebre dell’Ultima Cena. Durante questa esibizione, ideata dal gallerista Alexander Iolas, fu presentata la serie di dipinti The Last Supper , considerato come il più ambizioso corpo di quadri religiosi del XX secolo; in queste opere l’artista manifestò una riflessione sulla fede cristiana tutta sua: raffigurando L’Ultima Cena con sfondi camouflage o assieme a loghi di brand come Camel o General Electric, Warhol unì il sacro al commerciale , creando un connubio capace di esorcizzare completamente la natura sacra e religiosa del Cenacolo di Leonardo.

LEZIONE 13 - MERCOLEDÌ 5 APRILE

Nel distretto industriale sono le imprese piccole quelle che soffrono maggiormente durante i periodi di crisi e quindi vengono più penalizzate; la grande impresa riesce comunque a restare sul mercato perché la domanda è comunque presente anche se si abbassa. Quando c’è una crisi sono le piccole imprese meno competitive ad avere problemi ed essere penalizzate maggiormente.

Dagli anni Novanta le lavorazioni con basso valore aggiunto sono state spesso esportate all’estero. L'outsourcing ha interessato quasi tutti i settori, non solo quello di moda e riguarda soprattutto le lavorazioni di base, più facili.

L’outsourcing però rappresenta un rischio nella industry supply chain: per mantenere un rapporto con azienda madre l’azienda che lavora per terzi deve offrire un prezzo molto basso e conveniente e quindi ha bisogno di risparmiare, per comprimere i costi si adottano pratiche negative come scarsa qualità di lavoro, scarse misure di sicurezza, scarsa manutenzione del luogo di lavoro, mancanza di abbigliamento da lavoro adeguato e misure di protezione personale, sfruttamento della manodopera, turni e ore di lavoro non ragionevoli, scarsa manutenzione dei macchinari, mancanza di attenzione per la salute dei lavoratori, maltrattamento. Un esempio è la tragedia del Rana Plaza in Bangladesh nel 2013, con 1130 vittime.

L’outsourcing inizia ad essere messo in dubbio e criticato, specialmente dalle aziende di alta gamma che ne comprendono la pericolosità a livello etico ma anche agli occhi del cliente. Cresce anche la consapevolezza da parte dell’acquirente. La pratica dell’outsourcing inoltre non permette un vero ed effettivo controllo da parte dell’azienda madre, le catene sono poco controllabili e anche poco elastiche (diversamente dal distretto). Le grandi aziende iniziano a ragionare in termini diversi, attraverso una operazione di Reshoring : richiamano le produzioni dai paesi lontani in patria. Gucci, Chanel, Fendi, Givenchy richiamano la produzione in Europa, in particolare in Italia. Il reshoring permette di bloccare la scomparsa dei distretti provocata dall’outsourcing. I distretti sopravvivono perché la domanda ritorna e non si basa più sul basso prezzo ma sulla qualità > prodotto di qualità e assolutamente controllabile. Il marchio deve dare garanzia di qualità ma anche di eticità. Nel mondo della moda oggi è molto alta la richiesta di qualità, mentre il discorso dell’outsourcing continua a funzionare per la produzione di fast fashion.

Brunello Cuccinelli ha fatto di questa filosofia il suo brand: tutta la produzione non deve essere fatta non solo fuori dall’Italia ma bensì non fuori dal territorio di pertinenza del brand. Offre una garanzia totale.

Queste dinamiche hanno dimostrato la resilienza dei distretti industriali italiani.

I distretti relativi a pelle, cuoio e calzature, tessile e abbigliamento sono i secondi in Italia, secondi solamente all'industria meccanica.

LA VENDITA DEL PRODOTTO

L’ultima parte della filiera è relativa a tutto ciò che riguarda la vendita. Il mercato non è tutto uguale, i consumatori non sono tutti identici e hanno diversi poteri di acquisto, esistono diverse fette di mercato che hanno esigenze economiche diverse.

Dal punto di vista della produzione, c’è la creazione da parte dello stilista e la lavorazione a livello industriale (con pochi elementi artigianali). Alcuni nomi: Prada, Dolce e Gabbana, Valentino 3 Scendendo ancora si trova il settore diffusion : settore non grandissimo, appena più grande del ready to wear. Con il passare del tempo, Armani e gli altri stilisti si sono resi conto che esistono fasce molto interessate al discorso moda (come i giovani, attenti ai cambiamenti della moda) che però non possono permettersi di acquistare prodotti ready to wear. Il prezzo dei prodotti ready to wear non poteva essere abbassato altrimenti sembrava come se il marchio venisse svalutato. Quindi fu creato un marchio distinto, le cosiddette seconde linee, differenziando le produzioni e dando possibilità a chi non può spendere tanto, di comprare comunque un prodotto di un grande stilista. L’idea funzionò bene perché poteva dare un’offerta diversa a due settori di mercato, intercettando una nuova fascia di mercato. Molti stilisti faranno questa scelta, in alcuni casi esplicitandola in altri casi comprando un altro marchio e questo secondo marchio viene utilizzato come se fosse la seconda linea 4 Ad un gradino ancora più basso vi è il bridge : quella fascia di mercato che unisce la base della piramide con la sezione alta. Si tratta di quelle marche che sono comuni e che un tempo venivano vendute nei grandi magazzini. Nasce come un prodotto del tutto industriale ma con alta qualità come i jeans Levi’s. secondo alcuni, questo è il settore che presenta la migliore relazione tra qualità e prezzo. Nasce con i grandi magazzini americani ed è pensato per la classe media. Il prezzo è ragionevole e i prodotti di questo settore sono pensati per un consumo quotidiano, di tutti i giorni 5 Alla base della piramide si trova invece il retailers o mass : è quel settore che si rivolge ad un pubblico molto ampio; forme di vendite che si rivolgono a persone non interessate al discorso moda o meno agevolate rispetto ad altre da un punto di vista economico. Qui si trovano i negozi a buon mercato di tutte le città, i prodotti presenti nelle bancarelle del mercato o alle fiere. Alla fine del XX secolo è comparsa la sezione del fast fashion che rientra in questa fascia di mercato. Per fast fashion si intende un prodotto attento ai cambiamenti della moda (dal punto di vista del taglio, del colore..) ma il cui prezzo rimane sempre basso per rientrare in questa fascia di mercato.

In passato c’era una base di massa, un bridge e l’haute couture. Con il tempo si sono aggiunte le due nuove categorie centrali del ready to wear e diffusion. Ogni prodotto deve stare dentro la sua fascia: nel marketing questo è importante. Il marketing mix prende in considerazione tra le varie cose anche il prezzo: quale prezzo dare ad un prodotto? La risposta ci viene dalla piramide appena analizzata. La piramide serve per capire il range.

Ci sono anche diverse tipologie di consumatore:

  • Classic
  • Updated
  • Metropolitan
  • Avantgarde

Luogo: altro elemento interessante della piramide è che ogni fascia ha un suo luogo di vendita preferito. L’haute couture ha un luogo di vendita esclusivo (maison, boutique); i brand di designer promuovono i loro capi tramite le sfilate e il marchio vende negli show room = luoghi chiusi al pubblico in cui vanno i buyer. Si tratta di un luogo raffinato, moderno. In molti casi non c’è una vendita diretta tra il produttore e il consumatore. Ci sono tanti intermediari e varie forme di vendita: B = business (colui che vende) B2B = business to business, tipico caso dello show room B2C = business to consumer Esistono canali diretti di vendita (produttore, consumatore) oppure canali a 1 stadio (produttore, dettagliante, consumatore), 2 stadi (produttore, grossista, dettagliante, consumatore), 3 stadi (produttore, agente, grossista, dettagliante, consumatore). Il problema è che dal produttore al consumatore il prezzo del prodotto si alza, se nel mezzo ci sono degli intermediari. Al consumatore conviene quindi un acquisto diretto (produttore-consumatore). Se Armani vuole vendere a Singapore necessita di una catena lunga: più

si vuole che il prodotto arrivi lontano e più la catena deve essere lunga. Molti brand hanno aperto loro dei negozi perché conviene di più in quanto, in presenza di una catena lunga, una parte consistente del guadagno va agli intermediari e in particolare al dettagliante, colui che si occupa della vendita al cliente.

LEZIONE 17 - MERCOLEDÌ 3 MAGGIO I CANALI DISTRIBUTIVI IN ITALIA Le vie della moda e le vie del design: si preferisce avere dei luoghi di riferimento, sia per i clienti, sia per tenere sotto controllo l’ambiente, mantenendo alta la manutenzione delle vie dei negozi di lusso. I negozi di lusso tendono ad addensarsi. Anche le seconde linee aprono negozi monomarca (ex. Diesel o Nike), sono negozi pensati per una clientela più ampia e democratica ma il messaggio è lo stesso: il negozio veicola l’immagine del marco (nel caso di nike sport e tecnologia). A livello bridge il luogo di elezione di vendita è il grande magazzino, tradizionale che risale agli Stati Uniti (ex. La Rinascente). Per i marchi importanti ma meno noti si sceglie il classico negozio, rintracciabili dappertutto con assortimento misto. Infine troviamo mercati e venditori ambulanti.

Ogni fascia di mercato ha un suo punto di distribuzione preferito

  • Monomarca e Top Brand 5%
  • Boutique monomarca 10%
  • Dept store e GDO (grande distribuzione organizzata) 5%
  • Outlet e Dettaglio generico 35%
  • Piccole catene 15%
  • Fast Retailer
  • Mass Retailer e Mega Brand 20%
  • Ambulanti 10%

I grandi magazzini sono i punti vendita meno specializzati, gli altri tendono ad avere un luogo specifico per ogni settore di mercato. Il brand di lusso necessita che il capo sia venduto in un certo negozio in cui viene esposto e presentato al pubblico in un certo modo. Quando produco devo tenere in considerazione subito quale sarà il luogo del prodotto sul mercato. L'Italia vende poco nel grande magazzino, la spinta è più forte verso i negozi monomarca e multimarca, con una parte crescente di Mass Retailer e cioè fast fashion.

  • labour : Il lavoratore guadagna 18 centesimi di una maglia che costa 29€
  • manufacturing costs : le materie prime e tutto ciò che serve a produrre il capo costano 3,40€
  • overhead : le spese generali non legate alla produzione specifica sono 27 centesimi
  • factory margin : è il profitto dell’impresa produttrice e guadagna 1,15€
  • transport : i trasporti incidono molto con un costo di 2,19€
  • agent fee : è la percentuale dell’agente intermediario che la vende al negozio 1,20€
  • brand margin : il profitto del brand è di 3,61€ che guadagna molto di più rispetto alla impresa grazie alla licenza, al licensing del marchio del brand
  • retail markup : è il margine di guadagno del rivenditore finale 17€; in questo modo si spiega la possibilità di applicare sconti molti alti o di abbassare il costo del prodotto venduto online > il retail guadagna meno ma guadagna ugualmente, inoltre chi vende può decidere autonomamente il proprio prezzo di vendita, abbassando il prezzo di listino proposto dal brand; la maggior parte del prezzo del prodotto dipende dal retailer perché il resto dei costi sono già molto compressi e non è facile farli aumentare perché hanno potere di negoziazione molto ristretto (ex. trasporti o lavoratori). Il costo del lavoro è la parte minima. I brand tendono a puntare sul negozio monomarca e di acquisire la vendita in modo tale da guadagnare sia dal brand margin sia dal retail attraverso il proprio negozio (20,61€). Prima il profitto dell’azienda produttrice era maggiore mentre oggi il produttore guadagna pochissimo in proporzione agli altri, nonostante sia colui che offre i macchinari e le risorse per produrre.

IL FAST FASHION I Fast Retailer hanno creato una proposta nuova. Il Fast Fashion è una novità di fine secolo e rappresenta una delle novità più importanti degli ultimi decenni nel mondo della moda. Hanno proposto un prodotto che costava poco ma con caratteristiche fashion che normalmente i prodotti di questa fascia non avevano, ispirandosi alle linee di alta moda. Hanno rivoluzionato la base della piramide del mercato introducendo un tipo di prodotto che non esisteva, a basso prezzo ma con attenzione all’estetica. Anche il negozio è attento all’estetica e cerca di proporre esteticamente un messaggio che normalmente associamo ai top brand. Non esiste un Fast Fashion che fa vendere i suoi prodotti ad un negozio terzo perché il negozio è fondamentale.

La produzione di massa di prodotti a prezzo ridotto era già molto diffusa negli Stati Uniti, soprattutto negli anni Ottanta e Novanta molti brand (ad esempio GAP) riescono a velocizzare la catena e l’intera collezione viene prodotta nel giro di cinquecento ore. H&M ha l’idea di utilizzare il know-how della produzione di massa comprimendo al massimo le ore di produzione ma producendo con un occhio attento ai trend delle passerelle, raggiungendo le 170 ore per una catena completa e quindi il prodotto viene ideato, prodotto e raggiunge il negozio in circa una settimana.

Esistono due modelli storicamente: 1 Outsourcing: è possibile comprimere moltissimo il peso della parte produttiva, producendo nei Paesi in cui la produzione costa di meno in assoluto 2 Utilizzo di materiali che costano molto poco, risparmio durissimo sulla materia prima e anche sulle tecniche (esempio: termosaldatura con colla al posto della cucitura, eliminando una fase importante della creazione del capo), eliminando delle fasi di lavoro. Inoltre si rende efficiente la produzione tramite lo sfruttamento dei capi base : sono già prodotti a bassissimo prezzo a migliaia, si aggiungono colori, cuciture o dettagli che danno l’impressione di aver un ciclo continuo di produzione ma in realtà la base è sempre la stessa. Il prodotto sembra sempre nuovo, viene prodotto in pochissimo tempo e ad un prezzo molto compresso. Il retailer del fast fashion guadagna poco dal prodotto singolo ma alla fine guadagna molto più degli altri grazie alla vendita numerosissima di prodotti.

Zara : ha il controllo del retail, riesce a controllare in tempo reale quanto pezzi vengono venduti in negozio di un certo capo e in base a ciò può decidere come manipolare e dirigere la produzione, nel giro di 2- giorni, producendo più pezzi del prodotto più apprezzato e bloccando la produzione del capo meno apprezzato. In questo modo riducono di moltissimo l’invenduto che era il problema della mass production.

Il circuito si autoalimenta sulla base delle vendite quotidiane. Arriva a proporre 15mila capi all’anno e questo circuito permette una fidelizzazione del cliente che ha la possibilità di trovare sempre prodotti nuovi ed è incentivato ad andarci.

3 Modello Uniqlo : casa di fast fashion giapponese con una filosofia diversa che, invece di seguire i trend, isola alcuni capi base che funziona maggiormente e sono sempre richiesti, sviluppando anche modi migliori per produrli. Offre in maniera continuativa un prodotto di base con una qualità accettabile e un prezzo molto basso.

Masstige (da mass e prestige): i clienti del fast fashion non sono persone che acquistano esclusivamente fast fashion, il consumatore è anche di fascia media e alta. Il fast fashion ha quindi posto dei problemi anche alle fasce alte del mercato. See now, buy now : anche i designer iniziano a produrre subito parte della collezione in modo tale da averle in negozio subito dopo la sfilata ed evitare la concorrenza del fast fashion.

Shein è un brand di fast fashion cinese che è in grado di produrre un capo a 7€, toccando dei prezzi mai raggiunti da nessun altro brand fast fashion.

LEZIONE 18 - GIOVEDÌ 4 APRILE

Il fast fashion offre dei capi di abbigliamento che si presentano molto bene ad un prezzo veramente basso

forma di democratizzazione della moda. In alcuni casi il fast fashion e il mass fashion sono l’unica possibilità di acquisto, permettendo di avere più capi e più scelta. Il lato negativo del fast fashion è rappresentato dalla bassa qualità e tossicità dei materiali ma, soprattutto, dallo sfruttamento a livello lavorativo di persone e animali, dettato dal profitto. Inoltre il fast fashion ha aumentato le ricadute negative del settore moda sull’ambiente.

L’Ikea potrebbe essere il corrispettivo del fast fashion nel campo del design. Ikea propone una versione più democratica e accessibile dell’idea del design nordico, una sorta di fast design. Ikea quindi traduce l'idea di design in un discorso di produzione di massa, ricercando la qualità unita al risparmio: il mobile di massa è lo stesso, le variabili nei dettagli sono moltissime. Si cerca di standardizzare e uniformare il più possibile, modificando solo le rifiniture esterne (colore, maniglia, piedino, forma, …). In questo modo i prezzi si abbassano notevolmente. Anche nel caso di Ikea si cerca di risparmiare lavoro: il montaggio sparisce, è il cliente che si occupa di montare il proprio mobile. Il prodotto Ikea è basico ma sostanzialmente funzionale; inoltre anche l’Ikea si ispira ai pezzi di design e quindi il prodotto offerto è esteticamente bello. Il design deve comunque garantire un certo tipo di qualità e di durata, diversamente dall’abbigliamento.

IL BRAND

Il brand è fondamentale per stabilire le caratteristiche del prodotto.

  • To brand : marchiare, nasce dalla pratica di marchiare le mandrie in modo tale da certificare la proprietà del ranch di appartenenza.
  • l’idea di marchiare il prodotto è molto antica, sono state trovate delle forme di brand persino nei bar di Pompei: anfore e stoviglie presentano il marchio del ristoratore.
  • secondo uno studioso americano il brand è un nome, un termine, un simbolo, un design o una combinazione di questi elementi che identifica i beni e i servizi di un venditore, differenziandoli da quelli dei concorrenti.

Componenti specifiche :

  • parte alta : puntale, punta riportata, linguetta, sperone, listino, contrafforte
  • parte bassa : mezza suola (parte della suola che si consuma di più perché è il punto dove viene esercitata la pressione maggiore del piede, si può sostituire in modo tale che la scarpa duri nel tempo, nonostante l’usura), cambratura, tacco, sopratacco (parte che tocca il suolo del tacco), angolo rinforzato, lamelle (singoli strati di cuoio che compongono il tacco)

La scarpa viene pensata dal punto di vista estetico ma soprattutto dal punto di vista del movimento del piede, in modo tale che, nonostante le sollecitazioni, possa durare il più possibile nel tempo.

costruzione : per costruire una scarpa è necessario partire da una forma che riproduce il modello del piede in maniera tridimensionale. Lo stilista disegna su carta il tipo di scarpa da realizzare scegliendo modello e colore. Il modellista studia il disegno della scarpa e lo adatta alla scarpa da realizzare materialmente: trasforma l’idea in progetto concreto, scegliendo le tecniche e i materiali. A questo punto si contatta l’industria del distretto che crea la pelle necessaria alla creazione della tomaia. Dalla pelle vengono tagliati i singoli componenti della scarpa, a seconda del modello esistono più o meno pezzi, il minimo sono quattro. L’ artigiano cuce e assembla i pezzi tramite l’aiuto della forma tridimensionale e della macchina da cucire (sarebbe impossibile e inutile cucirli in piano), dai vari pezzi viene creata un’unica tomaia: è l’operazione più difficile nella creazione della calzatura. Per risparmiare spesso si diminuiscono le cuciture a favore delle incollature, in questo modo si abbassa drasticamente il tempo e il costo di lavorazione. Alla tomaia pronta vengono inseriti i rinforzi nel tacco e nella punta, successivamente viene applicato il rivestimento interno, la fodera. La parte inferiore della scarpa viene prodotta in maniera più industriale , esistono delle fabbriche specializzate che producono suole in cuoio in numerose misure e forme. Esistono anche le industrie dei tacchi, i tacchifici specializzati nella lavorazione del tacco. Il modellista ordina quindi i tacchi e le suole necessari alla creazione del modello. L’artigiano prepara la suola e inchioda o incolla il tacco, successivamente incolla la soletta. L’ultima lavorazione è quella di assemblare tomaia e parte sottostante, la cucitura deve essere perfetta. Per prodotti di minore pregio si ricorre ad incollare tomaia e suola insieme. Infine avvengono rifinitura e controllo della calzatura, fasi in cui si appongono il marchio del produttore e gli accessori (stringhe, fibbie, decori, …). La scarpa è pronta ad essere lucidata e imballata.

Molti dei marchi e dei brand italiani sono nati tramite la lavorazione della pelle: Prada, Gucci, … nascono con le loro produzioni in pelle. Un brand che rimane sempre molto legato alla produzione delle calzature è Salvatore Ferragamo. Ferragamo cerca di sopperire alla mancanza di cuoio dovuta alla guerra ideando le tomaie in stoffa, inoltre trova materiali innovativi da utilizzare per la suola, come ad esempio il sughero o il legno. Diventa famoso per l’uso creativo dei materiali ma anche per lo studio dei modelli: brevetta scarpe belle e comode studiando l’arco adeguato della suola per dare il massimo comfort e sostegno al piede. Con poco materiale di qualità riesce a creare delle belle scarpe perchè per le componenti meno usurate utilizza materiali più deperibili. Ferragamo è famoso anche per la creazione di sandali col tacco e zeppe. https://artsandculture.google.com/story/UQWRSqxpWZsfIg?hl=it

Il tacco a stiletto - più è sottile e più è problematico Il discorso del tacco è sempre stato sia maschile che femminile, specialmente durante l’equitazione per mantenere il piede saldo nella staffa. Il tacco quadrato per equitazione esiste quindi da sempre. Durante il regno di Re Sole il messaggio di potere viene veicolato tramite il tacco alto rivestito di rosso, indossato dalla famiglia reale. L’illuminismo promuove invece una figura di uomo diverso che deve abbandonare tutti

gli orpelli e adottare l’abito da lavoro serio, semplice, scuro. Le donne non sono interessate dal movimento dell’ illuminismo, essendo escluse dal lavoro, e quindi mantengono la consuetudine del tacco. Il tacco da donna per sostenere il piede era in origine pieno e largo, lo stiletto è una variazione del tacco alto, la sua particolarità è quello di essere estremamente sottile. Il trucco dello stiletto è l’anima in metallo sottilissima, rivestita di cuoio o pelle e dipinto. Lo stiletto viene usato da Marylin Monroe e diventa sinonimo di femminilità e stile. L’andatura (e la postura) con lo stiletto è più sinuosa perchè deve compensare la spinta in avanti dello stiletto, questo rende particolarmente attraente la donna.

Le sneakers Le scarpe sneakers sono interamente fatte con materiali sintetici. Tomaia, soletta e suola vengono stampati industrialmente, successivamente vengono sovrapposti, schiacciati insieme e incollati. Si potrebbe dire che queste scarpe siano “stampate” perché le forme di plastica sintetica della scarpa sono stampate già in forma e pronte all’uso, non necessitano né di taglio né di lavoro artigianale. Il costo è infinitamente più basso, la produzione raddoppiata. Anche i grandi brand producono sneakers e puntano sulla riconoscibilità tramite accessori e personalizzazioni. La scarpa è interamente sintetica e composta con colla. Il valore di materiale e lavorazione è scarso, inoltre le sneakers sono molto inquinanti non essendo riparabili (vita molto breve) e riciclabili.

https://www.museocalzaturavigevano.it/it/ Le scarpe di design sono molto più sostenibili essendo naturali, durature e riciclabili.

LEZIONE 20 - GIOVEDÌ 11 MARZO

E-COMMERCE E MODA

La tecnologia ha permesso la vendita anche senza la presenza del negozio fisico. La tendenza è che la crescita delle vendite online sia in aumento ogni anno. Con la pandemia nel 2020 e 2021 la vendita online di moda si è un po’ fermata e diminuita perché la moda ha un aspetto sociale (ci vestiamo bene per presentarci al pubblico). Nel 2022 si assiste ad una forte ripresa. La tendenza è sicuramente in crescendo. L’abbigliamento in Europa a livello di e-commerce copre una fetta molto importante, insieme all’elettronica.

Distribuzione del fatturato e-commerce in Italia :

  • la maggior parte della quota è dedicata all’acquisto di giochi e divertimenti online (sotto la voce “tempo libero”)
  • una parte importante è occupata dal fatturato dei centri commerciali online
  • altra voce importante è quella del turismo, uno dei settori tradizionalmente trainanti
  • assicurazioni online ed elettronica di consumo si equivalgono
  • successivamente troviamo il settore alimentare che ha goduto di una crescita importante grazie alla pandemia
  • il settore moda ha una presenza importante ma non preponderante rispetto ad altri settori (molto fast fashion, poco bridge, un po’ di design > polarizzazione dovuta alla maggiore presenza sui social di brand ff e designer)
  • infine editoria, salute e bellezza, casa e arredamento

L’e-commerce in Italia ha fatica a diffondersi a causa di problemi logistici di trasporto, per risolverlo sono entrati sul mercato altri operatori di trasporto alternativi a Poste Italiane (BRT, DHL, …), inoltre sono entrati sul mercato i retailer, i grandi operatori come Amazon che creano una loro struttura logistica super efficiente. Il grande operatore offre tutta una serie di garanzie al cliente: velocità nella consegna, sicurezza nella consegna, possibilità di reso gratuito con rimborso. I retailer hanno quindi aperto le porte ai negozi online in Italia.

L’e-Commerce della moda ha una gerarchia: vende prima di tutto abbigliamento, poi calzature, infine borse e accessori. Alla luce della crescita dell’e-commerce i brand hanno intrapreso la tendenza ad aprire flagship store (negozio di rappresentanza), piuttosto che negozi e catene diffuse sul territorio.

Famosi siti di e-commerce: Yoox, Amazon fashion, Zalando. Luisaviaroma : uno dei grandi negozi multimarca di Firenze, uno dei primi negozi in Italia ad aprire un e-commerce; inizialmente cerca di vendere per corrispondenza per risolvere le esigenze dei clienti stranieri ma alla fine sceglie la soluzione dell’e-commerce nei primi anni Novanta. È nel suo genere uno dei siti che vende maggiormente.

Esistono due modalità di commercio nell’e-commerce: B2B e B2C , ad esempio Amazon gode di moltissimi fornitori. Nel caso B2B il sito è più professionale e dettagliato mentre il sito online B2C deve essere piacevole e più emotion focused.

Top10 Italia: Zalando, Vinted Zara, H&M, ASOS, Shein, OVS, Yoox ,… https://www.youtube.com/watch?v=72JWlHp1lJs

La previsione generale per il futuro relativa ai marchi più noti afferma che i tre marchi più importanti per l’e-fashion sono Zara, H&M e Shein. Shein supera in notorietà H&M e Zara, inoltre Shein è in linea per superare Zara in fatturato. Shein ha radicalizzato il fast fashion, ha una capacità produttiva enorme, si avvale di moltissime fabbriche produttive in Cina e lavora esclusivamente online. Anche la valutazione dei trend di Shein è basata sull’online. Shein è l’unico in grado di produrre un abito intero a 7 dollari, comprimendo drammaticamente tutti i costi e portando all’estremo le logiche del fast fashion.

NFT, Metaverso e simili NFT: Non Fungible Token , sistema che garantisce l’unicità di un file grazie ad una stringa di codice che non può essere copiata. Si sviluppa molto nel mondo dell’arte e della fotografia per garantire l’autenticità nella vendita. Rende le opere uniche. Anche il mondo della moda inizia a vendere i propri prodotti tramite NFT nei negozi digitali. Esempi: Balenciaga x Fortnite, Gucci x Roblox Questa è la nuova frontiera che abbatte i confini tra fisicità e digitale.

Molti degli abiti che vendiamo o doniamo finiscono in grandissimi mercati dell’usato in Africa, dove avviene il riuso in vari modi.

Esistono anche dei capi di abbigliamento innovativi come la Silic Shirt, una t-shirt che non si sporca, non assorbe né i liquidi, né il sudore, né lo sporco e non si stropiccia, quindi i lavaggi sono drasticamente ridotti. Altre forme innovative sono la stampa di abiti 3D e i vestiti bioluminescenti. La tecnologia ci porterà ad uno Smart Fashion.