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Filosofia Teoretica: Analisi e Riflessioni, Schemes and Mind Maps of Philosophy

La filosofia teoretica, analizzando la sua natura, il suo ruolo nella storia della filosofia e la sua rilevanza per la vita umana. Attraverso citazioni di filosofi come agamben e hadot, il documento approfondisce il concetto di filosofia teoretica come un'attività di visione e di problematizzazione dei concetti, mettendo in discussione la sua utilità pratica e il suo valore intrinseco.

Typology: Schemes and Mind Maps

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Che cos’è la filosofia teoretica?
Sembra una ridondanza, la filosofia se non è teoria cos’è? È di difficile definizione.
Pitagora definisce il filosofo così: quando si va alle feste di Olimpia, c’è chi va per partecipare alle
gare, chi per fare affari, chi per vedere gli amici, poi ci sono coloro che vanno solo per guardare
(θεοράω); questi sono assimilabili ai filosofi. Il filosofo è colui che non si impegna in un’azione
precisa, legata alla contingenza, alla particolarità, ma è colui che guarda dall’alto, da un lato
distaccato, per osservare il tutto. In realtà questa è un’attività pratica, perché la visione è qualcosa
che ci mette in contatto col mondo visibile, che non è un’attività puramente mentale, ma parte
dall’osservazione sensibile, e poi si stacca.
Da qui εἴδος, immagine, che diventa idea (per Platone ancora qualcosa che si vede, seppur nel
mondo ultra-sensibile), poi l’idea che entra nell’interiorità dell’uomo e vive nella sua mente. Sono
tutti passaggi che nella storia della filosofia hanno strutturato in un modo particolare quella visione
specifica, che è la visione teoretica/teorica.
Teoretico viene da θεορία, che originariamente era una visione e che ci aiuta a recuperare il
significato di osservazione distaccata, in cui convertiamo lo sguardo, dice Foucault, cioè lo
volgiamo, non sono sull’intero, su ciò che accade di fronte a noi, cercando di valutarlo nella sua
interezza, ma lo volgiamo anche verso noi stessi, ovvero verso la nostrà interiorità; cioè è uno
sguardo che ci aiuta a chiederci che cosa facciamo, cosa ci interessa, come possiamo mettere in
parole l’oggetto di questa visione.
Ci sono varie definizioni: problematizza i fondamenti dei diversi saperi, in parte incrocia la storia
della filosofia, si occupa di metafisica, ontologia, tutti gli aspetti, ma anche della religione, attività
interpretativo-simboliche, quindi anche il campo dell’ermeneutica, cioè dell’interpretazione; della
soggettività, con tutto ciò che concerne (la filosofia teoretica può essere anche filosofia della
mente). Può essere analisi del linguaggio, dell’azione, dell’interazione comunitaria. Un po’ di tutto
insomma.
La filosofia teoretica dovrebbe essere vista come il propileo degli antichi templi dei Greci.
o Il proprileo introduceva al centro del tempio, era il colonnato, una specie di atrio. Qui i
fedeli si preparavano, per poi introdursi poco a poco, potevano valutare le diverse entrate.
La teoretica, dunque, dovrebbe aiutare tutti coloro che si dedicano alla disciplina in questo
primo passo verso i saperi più polifonici, disciplinarmente connotati. Se si studiano filosofie
specifiche (morale, politica) alcune nozioni di base della filosofia teoretica vanno sapute. È
il pensiero teoretico che le dispone sul piano.
La filosofia teoretica può essere anche vista come il naos, il centro del tempio, l’altare verso cui le
persone si orientavano, perché a filosofia teoretica è anche problematizzazione costante,
interrogazione di base sul metodo e sui presupposto stessi del fare filosofia; non ha interessi
disciplinari immediati (≠ filosofia politica o morale, anche se quest’ultima è quella che le si avvicina
di più, i temi etici sono stati man mano abbandonati dalla teoretica, anche se erano fondamentali
nell’antichità).
Quindi potremmo dire che è la filosofia teorica nel senso più specifico della parola, i fondamenti. Se
non abbiamo chiaro cosa significa è questa la ragione, che è l’intero e nonostante questo è anche
una parte del discorso filosofico.
Seguono dei testi verso la comprensione del tipo di atteggiamento, la postura che ognuno di noi dovrebbe
adottare nel proseguire lo studio di filosofia teoretica.
1. Giorgio Agamben si interroga su cosa sia lo studente e su cosa sia, invece, il ricercatore
scientifico. Si interroga quindi in senso molto ampio su cosa sia la cultura. Testo: “Studenti”.
2. F. Nietzsche si interroga sul futuro delle scuole e dalla cultura con l’avvento dell’istruzione di
massa; dobbiamo emanciparci dalla visione secondo cui la cultura e gli studi umanistici siano
inutili. Testo: “Sull’avvenire delle nostre scuole”.
3. Pierre Hadot si chiede se la filosofia (la cultura, gli studi umanistici) sia piacevole ma inutile e
se, dunque, rappresenti non altro che un lusso. Testo: “La filosofia è un lusso?”
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Che cos’è la filosofia teoretica? Sembra una ridondanza, la filosofia se non è teoria cos’è? È di difficile definizione.

  • Pitagora definisce il filosofo così: quando si va alle feste di Olimpia, c’è chi va per partecipare alle gare, chi per fare affari, chi per vedere gli amici, poi ci sono coloro che vanno solo per guardare (θεοράω); questi sono assimilabili ai filosofi. Il filosofo è colui che non si impegna in un’azione precisa, legata alla contingenza, alla particolarità, ma è colui che guarda dall’alto, da un lato distaccato , per osservare il tutto. In realtà questa è un’attività pratica, perché la visione è qualcosa che ci mette in contatto col mondo visibile, che non è un’attività puramente mentale, ma parte dall’osservazione sensibile, e poi si stacca. Da qui εἴδος, immagine, che diventa idea (per Platone ancora qualcosa che si vede, seppur nel mondo ultra-sensibile), poi l’idea che entra nell’interiorità dell’uomo e vive nella sua mente. Sono tutti passaggi che nella storia della filosofia hanno strutturato in un modo particolare quella visione specifica, che è la visione teoretica/teorica.
  • Teoretico viene da θεορία, che originariamente era una visione e che ci aiuta a recuperare il significato di osservazione distaccata , in cui convertiamo lo sguardo , dice Foucault, cioè lo volgiamo, non sono sull’intero, su ciò che accade di fronte a noi, cercando di valutarlo nella sua interezza, ma lo volgiamo anche verso noi stessi, ovvero verso la nostrà interiorità; cioè è uno sguardo che ci aiuta a chiederci che cosa facciamo, cosa ci interessa, come possiamo mettere in parole l’oggetto di questa visione.
  • Ci sono varie definizioni: problematizza i fondamenti dei diversi saperi, in parte incrocia la storia della filosofia, si occupa di metafisica, ontologia, tutti gli aspetti, ma anche della religione, attività interpretativo-simboliche, quindi anche il campo dell’ermeneutica, cioè dell’interpretazione; della soggettività, con tutto ciò che concerne (la filosofia teoretica può essere anche filosofia della mente). Può essere analisi del linguaggio, dell’azione, dell’interazione comunitaria. Un po’ di tutto insomma.
  • La filosofia teoretica dovrebbe essere vista come il propileo degli antichi templi dei Greci. o Il proprileo introduceva al centro del tempio, era il colonnato, una specie di atrio. Qui i fedeli si preparavano, per poi introdursi poco a poco, potevano valutare le diverse entrate. La teoretica, dunque, dovrebbe aiutare tutti coloro che si dedicano alla disciplina in questo primo passo verso i saperi più polifonici, disciplinarmente connotati. Se si studiano filosofie specifiche (morale, politica) alcune nozioni di base della filosofia teoretica vanno sapute. È il pensiero teoretico che le dispone sul piano.
  • La filosofia teoretica può essere anche vista come il naos , il centro del tempio , l’altare verso cui le persone si orientavano, perché a filosofia teoretica è anche problematizzazione costante, interrogazione di base sul metodo e sui presupposto stessi del fare filosofia; non ha interessi disciplinari immediati (≠ filosofia politica o morale, anche se quest’ultima è quella che le si avvicina di più, i temi etici sono stati man mano abbandonati dalla teoretica, anche se erano fondamentali nell’antichità).
  • Quindi potremmo dire che è la filosofia teorica nel senso più specifico della parola, i fondamenti. Se non abbiamo chiaro cosa significa è questa la ragione, che è l’intero e nonostante questo è anche una parte del discorso filosofico. Seguono dei testi verso la comprensione del tipo di atteggiamento, la postura che ognuno di noi dovrebbe adottare nel proseguire lo studio di filosofia teoretica.
  1. Giorgio Agamben si interroga su cosa sia lo studente e su cosa sia, invece, il ricercatore scientifico. Si interroga quindi in senso molto ampio su cosa sia la cultura. Testo : “Studenti”.
  2. F. Nietzsche si interroga sul futuro delle scuole e dalla cultura con l’avvento dell’istruzione di massa; dobbiamo emanciparci dalla visione secondo cui la cultura e gli studi umanistici siano inutili. Testo : “Sull’avvenire delle nostre scuole”.
  3. Pierre Hadot si chiede se la filosofia (la cultura, gli studi umanistici) sia piacevole ma inutile e se, dunque, rappresenti non altro che un lusso. Testo : “La filosofia è un lusso?”

Agamben

  • “Miseria spirituale della vita degli studenti”: gli studenti che non sapevano più fare gli studenti, non sapevano quale fosse il loro ruolo nel mondo.
  • È tanto più evidente quanto dobbiamo far riferimento a un linguaggio particolare che distingue ricerca e studio; spesso parliamo dello “studio” facendo riferimento alla ricerca. Anche la dizione “università degli studi” oggi è diventata obsoleta.
  • Se andiamo al significato etimologico della parola studio , non è quello che si fa qui. Studere = desiderare, essere attratti in modo profondo da un oggetto che non si conosce fino in fondo. È legato all’idea del desiderio e dell’applicarsi attivamente a cercare di colmare tale desiderio. Non è un’attività faticosa, o neppure dovuta per ragioni di opportunità economica. significa stare in questo circolo in cui siamo attratti da questo oggetto prezioso e non ci placheremo finché non l’avremo raggiunto. La parola σχολή significava tempo vuoto, di riposo. I mutamenti etimologici sono sempre specchio di mutamenti culturali profondi. Il tempo della scuola, dedicato alla ruminazione dei pensieri (Nietzsche), al piacere della mente.
  • Data la definizione precedente di studente, secondo Agamben oggi all’Università non si studia più.
  • Il ricercatore è una figura diversa dallo studioso perché ha un oggetto molto preciso da abbordare e lo fa con delle strumentazioni specifiche. Una volta arrivato a verificare/definire l’oggetto, la sua attività è conclusa. Lo studioso, invece, non ha bisogno di strumentazioni (e quindi dice Agamben neanche di fondi di ricerca), però il suo lavoro, in qualche modo, non finisce mai e si alimenta da sé stesso.
  • Ricerca (rimanda ad un girare in circolo senza aver trovato il proprio oggetto) dovrebbe essere limitato alle scienze naturali. Nelle scienze umane la ricerca è solo una fase temporanea dello studio, che cessa una volta identificato il suo oggetto. Lo studio, invece, è costante perché si è sempre desiderosi di sapere.
  • La vita dello studioso oggi non è più praticabile: il tempo dello studio oggi non è più garantito né possibile per nessuno che voglia vivere in qualche modo di questo; Agamben lo fa, ma era ricco di famiglia.
  • Poi affronta il problema dell’ utilità : si può obiettare che la ricerca ha un’utilità concreta, mentre lo studio può difficilmente rivendicare un’utilità immediata, rappresentando una forma di vita.
  • Dovrebbe essere chiaro che in una società utilitaristica un’attività inutile, nata per puro diletto, deve essere salvaguardata.
  • Università umanistiche rappresentano in un certo qual modo un inganno e uno scempio:
    1. Inganno perché, nella sua ottica, non può esistere una professione che corrisponda allo studio.
    2. Scempio perché porterà ad una divisione totale della persona dallo studio, quando verrà lanciata nel mercato del lavoro. Nietzsche Nietzsche, in un testo del 1872, Sull’avvenire delle nostre scuole. Si chiede di fronte a un uditorio di colleghi e studenti a Basilea che ne sarà della cultura e dell’educazione negli anni a venire, perché si rende conto che l’ apertura della scuola di massa avrebbe creato notevolissimi problemi. Nietzsche era un uomo dagli ideali aristocratici, ma va anche detto che i problemi legati alla scolarizzazione di massa sono rintracciabili oggi da noi stessi.
  • Anche lui insiste nella prefazione sul tempo che ci deve essere, sulla dilatazione del tempo che ogni studente, ma soprattutto ogni uomo di cultura, deve trovare per poter far lavorare la mente nel modo più opportuno.
  • Questo libro è destinato a lettori tranquilli, a uomini che ancora non sono trascinati dalla fretta vertiginosa della nostra epoca rimbombante , e che ancora non provano un piacere idolatra nell’essere pestati dalle sue ruote ”; ossia, è rivolto a pochi uomini. Qui c’è la sua concezione aristocratica del sapere, però c’è anche una riflessione sull’uso della cultura.
  • Costoro peraltro non possono abituarsi a stabilire il valore di ogni cosa in base al risparmio o alla perdita di tempo, costoro hanno ancora tempo ”. Il tempo è il problema di fondo anche della nostra

unità. Lo sforzo è sempre l’arrivare a un’unità esplicativa , un principio esplicativo; la metafisica fa questo da Platone in poi.

  • Filosofia teoretica: pura θεορία, con una ridondanza.
  • Sganciata da una finalità applicativa , che invece è presente in altri tipi di filosofia, soprattutto nel mondo contemporaneo (morale, politica, della scienza).
  • La filosofia teoretica ha perso importanza con l’avanzare del tempo perché sono emerse delle declinazioni particolari della filosofia. Ogni uomo si inserisce poi in una corrente, in una visione delle cose che enfatizza un lato piuttosto che un altro della filosofia.
  • La filosofia teoretica è legata alla conoscenza astratta dei principi del sapere, dei concetti improduttivi, delle basi su cui si è costruita la filosofia; serve a imparare a maneggiare concetti e nozioni, anche problematizzandoli. Es. ψθχή: fiato che esce dalla bocca del morto (Omero); Pitagora come via mediana, Platone dice che è l’anima. Presente nell’interiorità umana? Con Platone le cose non sono ancora così definite, serve l’età moderna affinché sia una dotazione dell’interiorità. Freud dice che è il deposito dell’inconscio. Oggi indagata da parte delle neuroscienze e della psicologia cognitiva. Il suo valore cambia continuamente, a seconda del filosofo.
  • La filosofia teoretica si pone domande relative ai concetti : come è sorto un concetto? Perché ha preso piede? Come si è voluto? Qual è la sua preistoria, domandava Nietzsche, e cioè quali sono i bisogni, i desideri, la volontà di verità legati all’insorgere di un dato concetto? Oggigiorno maneggiamo concetti che non erano presenti all’interno della cultura greco-romana, come ad esempio quello di libertà , poco citato all’interno delle opere platoniche. Pensiamo che alcune parole cardine esistano da sempre, siano universali della ragione e a noi tocchi stabilirne la cronologia. Lo storico contestualizza, analizza documenti, vede il percorso storico, ma non tiene conto del percorso genealogico : sguardo che ricerca la storia problematica, che problematizza dell’emergenza di un certo concetto, profondamente cosciente che c’è sempre uno sguardo legato all’attualità. Dunque lo sguardo storico e teoretico sono diversi, anche se poi lo sguardo teoretico si affida alle indagini storiche. L’elemento di scavo genealogico, problematizzazione e teorizzazione è ciò che connota la filosofia teoretica, che può lavorare unicamente sui concetti, senza andare a reperirne la storia attraverso tutti i secoli, questo importa poco.
  • Una definizione unica è difficile da trovare, possiamo sottolineare la specificità della teoretica dicendo che il lavoro è quello della problematizzazione dei concetti: non si parte dai concetti come già dati, ma ci si interroga su come queste nozioni sono emerse, che funzione hanno avuto, perché sono così diverse tra gli autori, cosa ha condotto a questo utilizzo diverso. Altri filosofi teoretici però la intenderebbero diversamente, alcuni dicono che è filosofia contemporanea. Gli steccati tra le discipline sono labili. Una spiegazione può essere che la teoretica procede per temi, la storia della filosofia per autori, ma si potrebbe mettere in discussione anche questo. La filosofia è un lusso? Il tema dell’inutilità della filosofia: è inutile, la sua utilità è quella che sostiene la cultura, Agamben dice che è una formazione dell’essere umano. Lavorano sull’intreccio tra vita e filosofia.
  • Hadot, nel primo paragrafo, dice di interrogarci sul fatto che non ha un’utilità pratica, quindi è un lusso (lo diceva anche Aristotele: primum vivere, deinde philosophare , prima bisogna soddisfare le necessità pratiche dell’esistenza).
  • Anzitutto dovremmo interrogarci sull’ utilità di filosofia e poi su una possibile definizione di filosofia, e poi sul dramma della condizione umana. Alla fine il problema è: che ne è di tutti i miseri, i colpiti dai flagelli? Si può dire che la filosofia anche per loro potrebbe essere un approdo fecondo?
  • Oggi la filosofia è la disciplina di pochi per pochi, molto specialistica, così diventa finalizzata a una professione. Oggi ci si concentra sul dettaglio, parlare di Dio, dell’essere, della sostanza è qualcosa di evanescente, di troppo astratto. È un esercizio di stile, un articolo difficilissimo per pochi.
  • Il saggio si concentra su tutta una serie di domande che potremmo farci riguardo l’utilità della filosofia in una società prettamente tecno-scientifica (riprende Nietzsche). Che tipo di utilità ha stare un’intera vita sul problema del dubbio metodico di Cartesio, ad esempio. Nel mondo moderno a che cosa potrebbe servire discutere di tematiche filosofiche?
  • Se non sono specialisti, sono opinionisti; anche così non si onora la disciplina.
  • Se nel mondo ci fosse solamente l’utile, il mondo sarebbe invivibile. Ad esempio, anche musica, storia e poesia sono, di fatto, fattori inutili perché non aumentano la produzione, ma sono indispensabili alla vita perché ci liberano dalla pressione dell’utile. Attraverso gli studi umanistici noi ci liberiamo dalla pressione del produttivo, del performativo, dell’economico e via discorrendo.
  • Per le materie umanistiche non c’è un’utilità immediata, se non quella di insegnare, un’utilità somma. L’aspirazione pedagogica è quella di fondo della filosofia, trasmettere agli altri il proprio sapere formando degli uomini. Hadot sottolinea bene il tema: tutte queste arti e discipline sono indispensabili (=Agamben); il campo della poesia, della pittura, del pensiero in generale, è sempre stato necessario per l’uomo, non è assente in nessuna cultura.
  • Anche Hadot insiste sul concetto del tempo : nelle arti e nella filosofia non dobbiamo avere fretta, a differenza delle altre discipline/scienze. Dovremmo negli studi umanistici nel tempo dedicarci allo studium , l’attrazione verso un oggetto che scegliamo noi.
  • Il ruolo della filosofia è rivelare l’utilità dell’inutile. Permette, in altre parole, di attuare una distinzione tra: o Utilità immediata che è legata ad un fine particolare (es. scaldarsi, illuminare). o Ciò che è utile all’uomo in quanto uomo , alla formazione umana. La filosofia è considerata un lusso solo se si considera utile ciò che serve ai fini racchiusi nella prima nozione di utile. L’utilità di una certa inutilità per l’essere umano è sempre stata fondamentale, non vi possiamo rinunciare.
  • È possibile definire la filosofia? Fin da Socrate, la filosofia è stata un discorso sui discorsi e cioè, attraverso quel passo di lato, si è attivata la visione e la riflessione di ciò di cui parlano gli uomini in tutte le loro qualificazioni, in tutti i loro aspetti. La filosofia è quell’attività che riflette sul discorso, sui concetti, su tutto ciò che abita il pensiero.
  • In ultima analisi: qual è la cosa più utile all’uomo in quanto uomo? Discorrere sul linguaggio, su questioni filosofiche? Non è piuttosto imparare a vivere la vita umana? Pone questo problema: la filosofia, in quanto discorso teorico, puro ragionamento, è davvero utile alla vita? È al servizio alla vita o che ci sia o no è la stessa cosa? Pone questo problema: la filosofia, in quanto pura teoria, è davvero utile alla vita?
  • Facendo riferimento a Socrate , chiede al lettore se egli facesse una filosofia così astratta. Socrate non insegnava e non scriveva: camminava per la città, interrogava le persone, sollecitava al dialogo e conduceva i suoi concittadini piano piano, attraverso la riflessione e la ricerca, al chiarimento di alcuni temi teoretici, utilizzando un metodo che poi diventerà quello della filosofia.
  • Socrate si esprimeva grazie ad un linguaggio e una forma di pensiero inaudita (nel senso letterale, mai udita prima). Chi andava a disturbare, il tafano che infastidisce? Era un modo del tutto diverso di utilizzare il pensiero; diverso dal mistico, dal profeto, dal sofista. Hadot, per questo motivo, chiede se Socrate faceva filosofia come, a volte, lo facciamo noi oggi? Era tutto un altro modo di proporre il dialogo filosofico.
  • Socrate interpellava l’altro: l’ elemento di interpell azione è una parte fondamentale del metodo socratico; era molto fastidioso, faceva ragionare, li conduceva a nuove verità e quindi a nuove forme di vita.
  • In questa prospettiva il discorso filosofico non è più fine a sé stesso, ma è al servizio della vita filosofica. Questa è la sua tesi. Dice qualcosa di diverso da Aristotele, che dice che la filosofia è utile a sé stessa, è pensiero attivo nel suo farsi, basta a sé stesso.

Altri, invece, affermano che è impossibile non ragionare e non porsi domande filosofiche. Se prendiamo la tragedia del terremoto in Turchia, le persone non possono permettersi di filosofare seriamente, ma sicuramente domande come “se c’è un Dio perché accade questo?” se la sono sicuramente fatti. Quindi, anche in questi contesti, uno spiraglio verso la filosofia rimane aperto.

  • Spesso fanno appello alla religione; che differenze ci sono tra filosofia e religione? Fino a un certo punto sodisfano gli stessi bisogni, danno risposte, danno vita a ciò che è astratto. La religione è ancora un appiglio in certe drammatiche situazioni, non lo è la filosofia intesa come attività del pensiero puro. Non lo è? essere filosofo non significa anche soffrire per questo isolamento, questo lusso e privilegio, di tenere sempre presente allo spirito il dramma della condizione umana? È il dramma della caverna platonica: l’uomo che si libera, esce, compie l’ascesa verso la luce, poi si sente in dovere di tornare dentro e invitare i prigionieri a raggiungere come lui il sole; gli altri però tentano di ucciderlo. Il filosofo ha sempre questo statuto sulla soglia, non è mai all’interno della moltitudine degli uomini, che ragionano in un modo limitato, sono incrostati dal senso comune, ma non può nemmeno stare in un luogo eletto, la sua aspirazione è quella di condividere il sapere, di non esercitarlo nella sua mente, ma di farlo diventare un senso comune. In qualche modo i pensieri di Platone e Aristotele lo sono diventati: la distinzione corpo-anima, una certa idea di virtù e giustizia; è anche molto difficile liberarsene, i filosofi oggi lavorano su questo insieme di concetti e a volte cercano di farli traballare, servono concetti nuovi per rispondere alle esigenze del nostro tempo. La filosofia fa questo, in un certo senso.
  • La filosofia quindi è un lusso? Un lusso che chi è drammaticamente posizionato nella vita non può permettersi? Oppure, in realtà non è possibile non ragionare e quindi non porsi domande filosofiche. La domanda “come è possibile?” se la fanno tutti. Non si può far partire il pensiero filosofico, ma si apre uno spazio per il pensiero astratto e aperto agli insegnamenti dei grandi autori.
  • Spinoza: le cose belle sono tanto difficili quanto rare; l’idea che non vi possano accedere tutti. Nietzsche la pensava allo stesso modo. C’è chi come Socrate è convinto che qualsiasi cittadino di Atene poteva essere condotto e comprendere una certa verità.